Mirella Fregni (il cognome venne modificato in Freni poco dopo l’inizio della sua carriera, per renderlo meno ostico per gli stranieri) nacque a Modena il 27 febbraio 1935, figlia di una famiglia operaia residente nelle case popolari del quartiere “Crocetta” di Modena. Il padre era barbiere, la madre Gianna sigaraia presso la Manifattura Tabacchi di Modena, di cui Mirella frequentò il baliato insieme a Luciano Pavarotti, a cui fu legata da amicizia per tutta la vita. Quando divennero famosi, avendo in repertorio tante opere in comune, Mirella Freni e Luciano Pavarotti si ritrovarono spesso a condividere le trasferte lontano da casa. A tal proposito, Mirella scrisse:
“Quando si è lontani, in un’altra città, è stupendo poter contare su un amico che ti comprende, conosce il tuo lavoro e ogni particolare della tua vita e non è invidioso o geloso. A volte scherziamo sul fatto che ci vediamo di più all’estero che a Modena”.
È noto che fra loro, quando erano all’estero, parlavano sempre in dialetto modenese: un modo per non farsi capire dagli altri, ma anche l’orgoglio della propria origine di popolani modenesi.
Fin da piccola, a chiunque le domandava cosa voleva fare da grande, Mirella Freni rispondeva sicura: “La cantante d’opera”. Raccontava:
“Già quando avevo due o tre anni, se la nonna ascoltava l’opera alla radio oppure da un disco io smettevo di giocare e correvo da lei. Dondolavo seguendo il ritmo”.
Raccontava che la sua vita fu legata all'opera lirica sin dalla nascita, dato che per poco non nacque su una delle panche del Teatro comunale di Modena. Infatti sua madre, recatasi a teatro nonostante fosse agli ultimi giorni di gravidanza, rientrò a casa appena in tempo per il parto. Una passione, quella per l’opera lirica, passata indubbiamente per via femminile a Mirella Freni, che fu sempre molto sostenuta dalle donne di casa. Ricorda tra l’altro che, in occasione del suo debutto, la madre le regalò una vestaglia di seta blu con piccoli decori giallo oro (i colori di Modena), che continuò ad usare in camerino fino alla fine della carriera.
Scoperte presto le sue indubbie qualità vocali (lo stesso Beniamino Gigli apprezzò la sua voce di undicenne ad un concorso), fu inizialmente istruita nel canto dallo zio Dante Arcelli, poi fu seguita dai maestri Luigi Bertazzoni ed Ettore Campogalliani. Ma il suo vero mentore, preparatore e accompagnatore per i primi venticinque anni di carriera fu suo marito, il maestro Leone Magiera, che aveva sposato giovanissima il 20 giugno 1955 e da cui ebbe la figlia Micaela.
Mirella Freni debuttò come soprano a Modena nel febbraio 1955 interpretando Micaela nella Carmen. Nel 1957 interpretò per la prima volta nella sua città Mimì nella Bohème, ruolo di cui è considerata l’interprete ideale.
Dopo aver vinto importanti concorsi internazionali, fra cui il G.B. Viotti di Vercelli (1958), si impose sulle scene italiane ed europee in alcuni ruoli mozartiani e lirici (Zerlina nel Don Giovanni, Susanna ne Le nozze di Figaro, Nannetta nel Falstaff, Adina ne L’Elisir d’amore, Marguerite nel Faust di Gounod), dedicandosi contemporaneamente anche al repertorio barocco (Griselda di A. Scarlatti e Romilda nel Serse di G.F. Haendel).
Nel 1961 cantò a Londra e, vinta dalla solitudine e dall’ansia per la famiglia rimasta a Modena, scrisse a casa:
“Sento che la Bibi (soprannome della figlia Micaela) si trova bene a scuola; vorrei proprio vederla con il grembiulino nero e la cartella, chissà com’è bella. Mi viene da piangere a pensare alle gioie che perdo per il canto, ma cosa vuoi farci, è inutile piangere e imprecare, perché c’è qualcosa dentro di me che mi spinge a cantare e ad accettare i contratti, perciò è inutile, ma è un dispiacere, credi…”.
Nel 1963 il debutto alla Scala di Milano, sempre come Mimì, in una celebre edizione curata da Franco Zeffirelli e con la direzione del maestro Herbert Von Karajan, con cui iniziò una collaborazione durata vent’anni e di cui diventò la Mimì preferita.
Alla Scala si è presentata anche in grandi ruoli verdiani (Violetta ne La Traviata nel 1964, Amelia in Simon Boccanegra nel 1971, con la regia di Giorgio Strehler e la direzione del maestro Abbado, Desdemona in Otello, Elisabetta di Valois in Don Carlos), ma anche in opere di Bellini (Elvira ne I Puritani) e di Puccini (soprattutto Liù in Turandot, una parte di cui fu interprete straordinaria).
Applaudita a Vienna, Parigi, Berlino, Monaco di Baviera, ha svolto un’intensa attività anche negli Stati Uniti, dove ha cantato a Chicago, S. Francisco, Boston e soprattutto a New York, dove debuttò nel 1965 come Juliette nel Roméo et Juliette di Gounod.
Pur mantenendo il suo repertorio mozartiano, a partire dagli anni Settanta del secolo scorso si orientò verso parti più drammatiche, che affrontò soprattutto sotto la direzione di Herbert Von Karajan. Nel 1979 al festival di Salisburgo cantò Aida, con la direzione di Von Karajan, ed aggiunse con oculatezza nuovi ruoli al suo repertorio, quali Tatjana dell’Eugenio Onegin, Lisa ne La dama di picche, Adriana Lecouvreur, Fedora (insieme a Mimì, il suo ruolo preferito) e Madame Sans-Gene.
Energica, determinata e volitiva, estremamente rigorosa nella preparazione delle sue interpretazioni, con una tecnica solida, priva di eccessi e rigorosa rispetto alla partitura, emerse per la voce purissima, dal timbro caldo ed espressivo, per la morbidezza di emissione e per l’intensità e spontaneità della recitazione.
Nei suoi 47 anni di carriera si cimentò più volte anche nella lingua originale delle opere: sapeva cantare in cinque lingue, fra melodrammi e brani da concerto.
Proficua fu la sua collaborazione con grandi direttori, quali Von Karajan, Carlos Kleiber, Francesco Molinari Pradelli, Georges Pretre, Riccardo Muti e Claudio Abbado, con i quali incise oltre una trentina di dischi di opere tratte dal suo cospicuo repertorio.
Dopo la conclusione del suo matrimonio con Leone Magiera, si unì al basso Nicolai Ghiaurov, con il quale si sposò nel 1981 e visse fino alla morte di lui nel 2004.
Nel 2005 chiuse la sua splendida carriera a Washington, interpretando Giovanna ne La pulzella d’Orléans di Ciajkovskij.
Tornata definitivamente a Modena, si dedicò all’insegnamento, ma non volle più cantare, nemmeno per i nipoti o in casa, solo qualche nota ogni tanto per i suoi allievi, come se la sua carriera fosse stata spazzata via dal fatto di non potersi più permettere la perfezione a cui era arrivata grazie alla sua totale dedizione alla professione.
Nel 1990 fu insignita dell’onorificenza di Cavaliere di gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica (la più alta onorificenza italiana). Nel 1993 pubblicò il libro Mio caro teatro e le fu assegnata la francese Legion d’onore; nel 2002 giunse la laurea honoris causa in Lingue e Letterature straniere dell’Università di Pisa; nel 2010 il primo Oscar della lirica alla carriera, consegnatole all’Arena di Verona.
Ebbe onorificenze anche da Austria, Germania e Spagna, oltre alle chiavi della città di New York. Nel 2015, in occasione dei suoi 80 anni, la Scala organizzò una serata in suo onore.
È stata definita la primadonna meno primadonna di tutto il mondo della lirica. Non era raro infatti incontrarla nei negozi di Modena, come un’acquirente qualsiasi. Ad un giornalista disse, con la sua franchezza abituale:
“Io una diva? Scesa dal palco torno la Mirella. Vede, quando interpreto un’opera, non sono più la Mirella, sono un personaggio, e lo faccio con gioia. Ma alla fine ritorno me stessa, figuriamoci se posso mettermi a fare la diva. Anzi, le dirò che ho sempre amato cucinare, mettere a tavola amici e familiari, lavare i piatti, e anche se dovevo prendere un aereo non partivo mai da casa senza aver riordinato il letto. Sono sempre stata così, e in questo mi sento molto emiliana”.
Mirella Freni è morta nella sua casa di Modena il 9 febbraio 2020, pochi giorni prima di compiere 85 anni.
Dopo l’omaggio alla salma presso il Teatro, un lungo corteo l’ha accompagnata a piedi nel suo ultimo viaggio verso il vicino Duomo di Modena, dove sono state celebrate le esequie.
Il 9 febbraio 2021, in una seduta solenne, alla presenza della famiglia, il Consiglio Comunale di Modena le ha intitolato il Teatro cittadino, aggiungendo il suo nome a quello di Luciano Pavarotti, al quale il teatro era già stato dedicato.