«Si levano i colori, gli odori, le forme; trasformano il paesaggio a tale velocità che sembra di veder muovere e vibrare la terra. La vita!... Ritmi delle stagioni, ritmi delle canzoni, ritmi delle parole. Per me vivere altrove, lontano da quei luoghi è diventato sinonimo di arrancare per guadagnarsi la vita. Là vivere era vivere; significava abbandonarsi ai ritmi consueti dell'uomo senza soffrirne, dolersene e gioirne, ma accettandoli per quel che sono»
Il Mediterraneo, con i suoi paesaggi indimenticabili, e la psicoanalisi, l’arte della parola e dell’ascolto, furono i due elementi più importanti della sua vita.
Era già una scrittrice piuttosto nota in Francia Marie Cardinal quando scrisse Le parole per dirlo, il libro dove l’amore per la terra natale e la riconoscenza verso la psicoanalisi, che le aveva salvato la vita, prendono corpo. La salvezza inizia in un vicolo nel cuore di Parigi, dove c’è lo studio dell’analista. Qualche anno dopo sarà in un vicolo simile che andrà a trovare l’amica scrittrice Annie Leclerc con la quale scriverà In altri termini, libro intervista che precisa e riannoda la storia drammatica del suo romanzo più famoso e di tutta la sua nuova vita, appassionata di politica e soprattutto di politica delle donne, perché lei per prima aveva patito la disperazione di non avere parole per raccontare una vita che la stava uccidendo, il dolore di non avere le parole per dirlo ma che poi grazie al percorso di analisi freudiana troverà. «La donna più semplice che racconta la sua giornata con le parole più semplici, più vere, più vicine alla sua vita, è una donna che fa un discorso rivoluzionario» dirà all’amica Annie.
La giovane donna incapace di vivere che chiede aiuto all’uomo piccolo e anonimo che per sette anni le presterà ascolto, viene da una ricca e antica famiglia di pieds-noir che hanno perso la ricchezza e la posizione sociale con la guerra di Algeria. Una famiglia alto-borghese macchiata dal divorzio dei genitori, avvenuto proprio mentre la madre era incinta di Marie. La morte precoce della primogenita, la tubercolosi del figlio maschio, avevano fatto sì che con rabbia e orrore la madre si allontanasse da quell’uomo affascinante che si era fatto da sé e che aveva avventatamente sposato. Presa nelle opere di carità e di beneficenza, quella donna bellissima fu una madre fredda e distante. Per arrivare al nodo del loro rapporto occorsero molti anni e il coraggio di confessare la “carognata”, cioè che la giovane donna in procinto di divorziare, aveva fatto di tutto per abortire quel bambino non previsto e non voluto. A Marie adolescente non venne risparmiato nessun sordido particolare. Quel rifiuto primordiale e la noncuranza nel raccontarlo, la fecero precipitare in un vortice di rifiuto e di depressione con una forte componente psico-somatica. Marie sanguinò per anni e anni prima che la nuova consapevolezza di se stessa permettesse al suo povero corpo di trovare pace e libertà. La pazza, come si definisce nel romanzo, viveva la maggior parte del proprio tempo in bagno, seduta tra il bidet e la vasca a guardare le piastrelle o il sangue che gocciolava ininterrotto dal suo corpo. “La Cosa”, così chiamava la sua nevrosi, aveva vinto, il cuore batteva all’impazzata e vivere era diventato quasi impossibile. Nonostante l’amore del marito e i tre figli piccoli cui badare, Marie sprofondò nel suo male e ne rimase prigioniera. «La Cosa aveva vinto. Ormai eravamo sole io e lei, per sempre. Eravamo finalmente isolate, noi e le nostre secrezioni: il sangue, il sudore, le feci, la saliva, il pus, il muco, il vomito. La Cosa aveva cacciato via i miei figli, le strade piene di gente, le luci dei negozi, la spiaggia a mezzogiorno con le piccole onde dell’estate, gli alberi di lillà, le risate, il piacere di ballare, il calore degli amici, l’esaltazione intima dello studio, le lunghe ore di lettura, la musica, le braccia tenere di un uomo attorno a me, la crema al cioccolato, la gioia di nuotare nell’acqua fresca».
Furono le parole liberate dall’analisi a permetterle di raccontare l’indicibile, di vincere la paura, di riannodare i fili di un’esistenza vissuta sotto le insegne della morale borghese e cattolica della madre. La rinuncia a studiare l’amata matematica per accedere allo studio più femminile della logica, un futuro tracciato che l’attendeva, permisero alla pazza di mettere solide radici in lei. La ribellione alle convenzioni, la volontà di lasciarsi andare alla passione erotica, non furono sufficienti a darle la sanità mentale che cercava. Forse anche perché quando era bambina la madre si interessava a lei solo quando era ammalata.
Le parole per dirlo è un libro che ha segnato un’epoca e dato slancio alle rivendicazioni dei movimenti femministi. Come Il secondo sesso di Simone de Beauvoir aveva rivelato che «donne non si nasce, lo si diventa», così il libro della Cardinal toccava tutti gli aspetti della vita femminile e li raccontava, con passione e visceralità, con l’onestà intellettuale di una donna privilegiata consapevole del privilegio, ma che cerca relazioni e confronti con decine e decine di donne qualunque che vivono una vita di sacrifici e di duro lavoro. Il mondo del padre era sempre rimasto in ombra, solo l’ingiustizia e le violenze della guerra d’Algeria le mostrano che l’orrore della storia è in mano agli uomini. Il paese della sua infanzia, quello dove i profumi dei fiori erano un’orgia dal mattino alla sera, quello dove i colori si stagliavano netti l’uno contro l’altro, quello della macchia mediterranea e delle viti che raggiungevano l’orizzonte sino al mare, era scomparso per sempre. Ma non perduto, perché le porte rinserrate della memoria, grazie all’analisi potevano riaprirsi e varcata la soglia, ogni mostro poteva manifestarsi ed essere affrontato e sconfitto. Le parole allora possono non solo essere dette ma anche scritte, e il piacere di riempire quaderni su quaderni diventa, un progetto e poi il romanzo Ascolta il mare, che il marito legge e le dice quel che lei non aveva ancora avuto il coraggio di ammettere: quel romanzo faceva di Marie una scrittrice. «Il mio primo libro è stato l’alba della mia rinascita, della mia guarigione. Mi sono avventurata in queste prime pagine bianche come una donna perduta nel deserto trova tracce di acqua. Con una gioia indicibile e anche con inquietudine, con un’ansia enorme: e se non ci fosse stata acqua? Se mi fossi ingannata? È uno degli avvenimenti più importanti della mia vita questo primo libro, forse il più importante di tutti»,
La scrittura è una fonte di liberazione per quasi tutte le protagoniste dei libri della Cardinal. La salute ritrovata e la pubblicazione di quel primo libro, la rendono piena di energia e di coraggio, di forza, una donna sulla quale si può contare. Durante l’ultimo anno di analisi la madre comincia a morire. Non è più la donna bellissima e distante della sua infanzia, ma una vecchia sconfitta dalla vita e ripugnante. Quando la morte arriva al primo sentimento di un’Apocalisse compiuta, si sostituisce un senso di sollievo e di libertà. Ci vorrà del tempo prima che la pietà e la nostalgia le permettano di andare al cimitero a piangere sulla sua tomba. A questo lutto seguono la fine dell’analisi e l’inizio delle lotte politiche. «La porta chiusa dietro di me. Davanti il vicolo, la strada, la città, la terra e una voglia di vivere e di costruire grossa come il pianeta. … Alcuni giorni più tardi venne il maggio ‘68».
«Quando scrivo, parto sempre da qualcosa che conosco, che ho vissuto. Poi c’è una trasformazione, un’apertura, inizio a divagare, “io” può diventare “lei”, un “lei” che mi appartiene più di quell’“io” fittizio. “Io” è sempre una maschera».
Anche gli altri libri di Marie Cardinal, tra cui La chiave sulla porta, I giovedì di Charles e Lula, Amore, amori ci ricordano che una analisi non finisce mai perché l’analisi è uno stile di vita e che si deve sempre lasciare da parte quel che si conosce per cercare un linguaggio nuovo, le parole che a ognuno servono per dire la propria esperienza e la propria visione del mondo, che la passione politica è anche solidarietà di genere, che le donne conoscono meglio il lato materiale della vita perché è la prima cosa che ci viene insegnata, ma che altrettanto bene possono occuparsi di tutto il resto. Un’intensa vita di animatrice culturale, di autrice di testi per il teatro e la radio popolano gli anni della maturità. Ma nell’ultimo periodo della sua vita Marie Cardinal trascorre il tempo nel sud della Francia a Malaucènes, una cittadina che le ricordava il paesaggio della fattoria di Mostaganem in Algeria, dove era cresciuta. La Madeleine è la casa dove scrive l’ultimo libro in cui ritorna a raccontare della depressione, contemplando il paesaggio, in compagnia di un vecchio castagno e un pozzo disseccato. Qui, all’ombra di una magnolia, il suo albero preferito, riposano le sue ceneri.