“Vivere il proprio corpo vuol dire allo stesso modo scoprire sia la propria debolezza, sia la tragica ed impietosa schiavitù delle proprie manchevolezze, della propria usura e della propria precarietà. Inoltre, questo significa prendere coscienza dei propri fantasmi che non sono nient’altro che
il riflesso dei miti creati dalla società”. 1
In questa breve ma significativa citazione è racchiuso l’intero universo di Gina Pane, artista poliedrica attiva tra gli anni Sessanta e Ottanta del Novecento in Italia e in Francia. Il suo è un universo popolato di immaginario inedito. Senza alcun dubbio Pane preferisce la solitudine delle vette alla stucchevole convenzione della società “per bene” e, del resto, le sue opere sono impregnate di questo significato, indirizzato soprattutto alle donne: meglio lo scherno riservato ai folli che l’assoggettamento a canoni stabiliti da un mondo capitalista e maschilista. Non è un caso, dunque, se uno dei nodi teorici intorno ai quali Gina rifletterà per tutta la sua vita e sui quali incentrerà la propria performance artistica è la condizione di subalternità femminile e umana. L’Occidente non è la terra in cui si premia il talento e nella quale vige la meritocrazia bensì una zona di ombre, di finti riconoscimenti e di, spesso, necessarie sottomissioni, di cui il corpo è il terreno privilegiato e la via espressiva “naturale”, la body art, di cui sarà una delle esponenti più radicali.
Gina Pane nasce a Biarritz nel maggio del 1939 da padre italiano e madre austriaca. La sua infanzia si svolge a Torino ed è nella città sabauda che inizia a dedicarsi all’arte. Il contesto italiano nel quale trascorrerà la propria infanzia lascerà un segno nella sua arte, specialmente per quel che concerne, come vedremo, l’elemento religioso. Decide di proseguire gli studi a Parigi iscrivendosi all’Académie des beaux-arts e successivamente all’Ateliers d'art sacré. Ottenuto il diploma in pittura insegna per alcuni anni l’Ecole des Beaux-arts di Le Man. Durante il periodo dell’insegnamento, precisamente tra 1978 e il 1979, terrà un workshop sulla performance artistica al Centro nazionale di arte e cultura Georges Pompidou a Parigi 2. È esattamente la performance art, più specificatamente la body art, a divenire la forma artistica prediletta di Pane. Il corpo, il suo corpo, è tutto: progettazione, esecuzione, rappresentazione. Artista e opera si fondono in maniera indissolubile senza lasciar alcuna possibilità di fraintendimento: non vi è alcuna oggettivazione, nulla di diverso da sé.
Risale al 1972 una delle sue performance più significativa. Il bianco non esiste, questo il titolo dato da Gina al suo lavoro; il luogo dell’esposizione è Los Angeles, città simbolo capitalismo imperante. Pane inizia a lesionarsi il volto con una lametta di fronte al pubblico sbigottito 3. Il viso femminile, icona di una bellezza mutilata, ferita ed attaccata è espressione dell’umiliazione e dei soprusi che le donne quotidianamente subiscono. Lei, che aveva preso parte al movimento per l’emancipazione femminile nel 1968 4, traduce le ferite sul suo volto in espressione di un dolore collettivo 5. Ecco, dunque, che il tormento sia somatico, sia spirituale, diviene capace di ridurre la distanza tra gli esseri umani e consente di porsi in dialogo e in ascolto reciproco 6.
E l’ascolto e il dialogo sono certamente due aspetti cardine della vita religiosa. Religione che si manifesta, per Gina, anche e soprattutto tramite il lavoro artistico. L’arte assume una dimensione sacra, diviene il territorio contemporaneo della rivelazione. Le ferite autoinferte nelle sue performance sono il simbolo di ciò che in passato il martirio è stato per i santi; autolesionismo, tortura, mortificazione di sé sono funzionali a qualcosa che va oltre il presente, di ciò che non può essere compreso tramite le parole, di qualcosa che è silente e universale: il dolore. Grazie alla lettura di Tertulliano e di Jacopo da Varazze Gina si appassiona alla vita dei mistici 7.
Ciò che mi interessa nel corpo del santo è la sua capacità di svuotarsi, per poi riempirsi, il suo ‘non funzionamento’ rispetto a una realtà di consumo. È il rapporto tra la fragilità di quella carne – il santo è là, ed è un corpo, un uomo – e la forza immateriale che lo abita. Soprattutto mi interessa il cammino, la strada da compiere per arrivare a questo […]. 8
La devozione e l’interesse per la vita dei santi non hanno alcun carattere agiografico bensì si potrebbe dire che assumano una declinazioni esistenziale per un verso e socio-politica per un altro. Il santo è, ci dice Gina, esattamente come tutti noi, un’unione di carne, dunque di tormento e sofferenza corporei, e di anima, di forza interiore; ed è solo in quest’ultima che è possibile rintracciare quel coraggio che permette di reagire agli abusi e che tramuta il sangue che sgorga dalle carni in bevanda di salvezza per sé e per il prossimo. Ma i santi sono anche icone di una sana e necessaria ribellione all’ordine costituito. Il loro Io, nella sua totalità psicosomatica, si staglia contro le imposizioni del sistema. Nella medesima maniera anche l’Io di Gina e quello di chi si trova a vivere in condizioni di subalternità, in primis le donne, deve scagliarsi contro una società fagocitante e per questo nemica.
Tale religiosità emerge chiaramente nella performance del 1973 intitolata Azione Sentimentale e che diverrà una delle sue opere più significative. Vestita di bianco, come una sposa vergine, Gina ha in mano solo un bouquet di rose da cui lentamente stacca le spine per poi inserirle nel suo braccio fino a ricoprirlo del tutto. Il dolore fisico, presente in ogni esibizione artistica della Pane, è una modalità per stare vicino alla sofferenza, sovente non solo fisica, delle altre e degli altri. Afferma lei stessa: “Se apro il mio corpo affinché voi possiate guardarci il mio sangue, è per amore vostro: l’altro” 9. Tramite questa espressione di portata cristologica ed eucaristica, il gesto artistico diviene il mezzo per entrare in comunione con l’altro. L’alterità è un concetto sempre presente nell’arte performativa di Pane. Alterità sofferente, tormentata, mai armonica ma sempre in rivolta contro il mondo e contro se stessa. Un’alterità che, come si accennava, è soprattutto identificata nella donna subalterna. A questo punto si introduce un ulteriore elemento nell’attività di Pane connesso nuovamente alla sfera della fede. Chi, si domanda Gina, ha sofferto in modo indicibile per la salvezza del prossimo? In chi è possibile identificare colui che è morto per amore del simile? Certamente l’unica figura è quella del figlio di Dio. Come è chiaro Gina è credente ma il suo è un Dio umano, violato, sofferente e disprezzato. Lontana dai criteri dell’arte sacra del Medioevo e del Rinascimento, l’artista fa un uso proprio del divino poco attinente ai racconti evangelici e alle testimonianze storiche e più vicino a un’umanità straziata. Pane rende l’immagine di Gesù Cristo e del suo corpo deturpato un meta-figura, un simbolo nel quale chiunque può riconoscere se stesso 10.
L’interessa per il corpo messianico, emblema di un corpo ecclesiastico, porta Gina a dedicarsi, a partire dagli anni Ottanta, alla rivisitazione di opere d’arte sacra. È del 1983 un rilievo di metallo nero che riprende L’uccisione di Abele del pittore Salvator Rosa. Nell’interpretazione di Pane i corpi dei due fratelli si fondono in un’unica figura emblema dell’indissolubile legame fraterno e in senso ampio dell’unione tra esseri umani che va oltre la violenza, oltre l’odio, oltre la morte 11. Dello stesso anno è la rivisitazione del quadro San Giorgio e il drago dell’artista toscano Paolo Uccello. La tela originale è datata intorno al 1460 mentre la scultura di Gina che si ispira all’opera è del 1984. La composizione scultorea sintetizza la scena dipinta da Uccello accennando pochissimo all’uccisione del drago che, al contrario, è centrale nella rappresentazione del pittore toscano. La scelta di raffigurare a malapena la morte del serpente è stato inteso nell’accezione di una superiorità e di una vittoria schiacciante del bene sul male a tal punto che quest’ultimo non necessita di apparire nel blocco marmoreo 12.
Chiaramente il maggior desiderio, per tutta la vita, di Gina Pane è stato quello di gridare, di farsi notare in qualunque modo, specialmente attraverso modalità drastiche ed estreme, al fine di divenire mezzo per le voci degli ultimi. La sua arte è radicale, in un’accezione non solo storica ma anche e soprattutto psichica e spirituale. L’annullamento della struttura dell’Io certamente pericolosa è tuttavia l’unico modo per giungere a un’unione totale con l’altro, unione che permette di non sentirsi mai soli ma parte di un tutto più grande che ci appartiene e a cui, fortunatamente, apparteniamo.
Note
1 Cfr., Silvia Fiorini Granieri,
Gina Pane, dal blog «Le donne dell’arte. Arte contemporanea», URL:
https://iperarte.net/ledonnedellarte/gina-pane/, consultato il 07.03.2020.
2 Cfr.,
Gina Pane, da Wikipedia l’enciclopedia libera, URL:
https://it.wikipedia.org/wiki/Gina_Pane, consultato il 07.03.2020.
3 S.F. Garnieri,
op. cit.
4 Cfr., Annalisa La Porta,
Gina Pane, dal blog «Artspecialday, l’arte del tuo quotidiano», 24 maggio 2017, URL:
http://www.artspecialday.com/9art/2017/05/24/gina-pane-corpo-che-sanguina-amore/, consultato il 09.03.2020.
5 Cfr., ivi. Annalisa La Porta,
Gina Pane, dal blog «Artspecialday, l’arte del tuo quotidiano», 24 maggio 2017,URL:
http://www.artspecialday.com/9art/2017/05/24/gina-pane-corpo-che-sanguina-amore/, consultato il 09.03.2020.
6 Cfr., ivi.
7 Cfr., Riccardo Venturi,
Gina Pane, mode d’emploi, dal blog Doppiozero,
https://www.doppiozero.com/materiali/ars/gina-pane-mode-d’emploi, consultato il 09.03.2020.
8 Frangi & Stolfi,
Gina Pane: memoria e fragilità del corpo, su dal blog «Ttempi.it», 2 febbraio 2000, URL:
http://web.archive.org/web/20200212163812/https://www.tempi.it/gina-pane-memoria-e-fragilit-del-corpo/, consultato il 09.03.2020.
9 S.F. Garnieri,
op. cit.
10 Ibidem.
11 Cfr., R. Venturi,
op.cit.
12 Ibidem.
Fonti, risorse bibliografiche, siti su Gina Pane
https://www.doppiozero.com/materiali/ars/gina-pane-mode-d’emploi
Gina Pane, da Wikipedia l’enciclopedia libera, URL: https://it.wikipedia.org/wiki/Gina_Pane.
Frangi & Stolfi, Gina Pane: memoria e fragilità del corpo, dal blog «Tempi.it», 2 febbraio 2000, URL: http://web.archive.org/web/20200212163812/https://www.tempi.it/gina-pane-memoria-e-fragilit-del-corpo/, consultato il 09.03.2020.
GRANIERI, Silvia Fiorini, Gina Pane, dal blog «Le donne dell’arte. Arte contemporanea», URL:https://iperarte.net/ledonnedellarte/gina-pane/.
LA PORTA, Annalisa, Gina Pane, dal blog «Artspecialday, l’arte del tuo quotidiano», 24 maggio 2017, URL:http://www.artspecialday.com/9art/2017/05/24/gina-pane-corpo-che-sanguina-amore/, consultato il 09.03.2020.
DEHÒ, Valerio, Gina Pane, dal blog Flash Art, 22 luglio 2015, URL: https://flash---art.it/article/gina-pane/.
Referenze iconografiche: Gina Pane. Azione Sentimentale (1973). Foto di règine debatty, fonte Flickr. CC BY S_A 2.0