Quando studiava al Conservatorio di Milano, il maestro di canto la chiamava «cavallo pazzo» per la sua irresistibile esuberanza. Una forza della natura Elvina lo era di certo, e ne era consapevole fin da bambina: quella sua voce straordinaria le dava sicurezza e fascino e la metteva al centro dell’attenzione già al tempo delle elementari. Il padre aveva una piccola trattoria-osteria a Biella e non voleva assolutamente mandare la figlia a studiare canto. E questo malgrado il giudizio lusinghiero che aveva dato della sua voce niente meno che la grande soprano Toti Dal Monte, di passaggio a Biella. La madre di Elvina invece ne assecondò il talento e la passione imponendo al marito la propria volontà. Grazie a lei e nonostante la guerra che imperversava, Elvina poté studiare al Conservatorio di Parma con il maestro Italo Brancucci.
Era il 1943 e lei aveva appena sedici anni. Non doveva essere facile affrontare uno studio severo, lontana dai genitori e dalla sorella, vivendo in una pensione familiare. Data la precarietà della linea ferroviaria, la madre la visitava quando riusciva a trovare un passaggio in camion: il viaggio era sempre fortunoso e dai tempi aleatori. Elvina era sostenuta non solo dalla passione per il canto ma anche dal carattere solare e da un’allegra fiducia nelle proprie capacità.
Nel dopoguerra continuò gli studi al Conservatorio di Milano affinando successivamente la sua tecnica con le lezioni di Elvira de Hidalgo, celebre maestra di Maria Callas. Debuttò nel 1951 al Teatro Nuovo di Milano nel ruolo di Rosina nel Barbiere di Siviglia di Rossini. Ma il successo internazionale arrivò nel 1961 a Venezia, quando fu chiamata a sostituire Joan Sutherland, che aveva abbandonato il Teatro La Fenice per divergenze con il maestro Nello Santi. L’opera era La Sonnambula di Bellini che Elvina interpretò in modo superbo ottenendo un clamoroso successo. Ramella fu una grande soprano di coloratura (o soprano leggero), cui si addicevano particolarmente ruoli quali quello di Giulietta nei Capuleti e Montecchi, di Amina nella Sonnambula e di Elvira nei Puritani di Bellini; di Carolina nel Matrimonio segreto di Cimarosa, di Adina nell’Elisir d’amore e di Lucia nella Lucia di Lammermoor di Donizetti, di Gilda nel Rigoletto di Verdi, di Musetta nella Bohème di Puccini; di Rosina nel Barbiere di Siviglia di Rossini. La sua voce, duttile e plasmata da una ferrea disciplina, le permetteva tutti quei gorgheggi, trilli e ornamenti virtuosistici, tipici appunto del soprano leggero. Il suo era un temperamento di usignolo piuttosto che di primadonna drammatica.
Nella sua carriera, durata una trentina d’anni, cantò in tutti i principali teatri italiani, dalla Scala di Milano al San Carlo di Napoli, dall’Arena di Verona all’Opera di Roma, con numerose puntate all’estero, specialmente in Germania, Inghilterra, Irlanda e Francia. Fu ospite di alcune trasmissioni radiofoniche della Rai e incise per la Fonit-Cetra. Cantò sotto la direzione di grandi direttori d’orchestra fra i quali Tullio Serafin, Peter Maag, Gianandrea Gavazzeni, Antonino Votto, Nino Sanzogno, Gabriele Santini. Nel 1971 sposò il magistrato Gennaro Di Miscio, autore di un famoso Processo di Cristo nel quale analizzava le modalità giuridico-storiche di quel processo, quale riportato dai Vangeli. Nel 1979, poco dopo l’assassinio del giudice Alessandrini, si svolse a Milano il processo alle Brigate rosse. La corte era presieduta da Di Miscio, che fu pubblicamente minacciato di morte da Renato Curcio. Al magistrato fu assegnata una scorta armata, situazione che complicò anche l’attività artistica della Ramella. Oppresso dalle minacce, Di Miscio cadde in una profonda depressione fisica e psicologica che, qualche mese dopo, finì per costargli la vita.
La carriera di Elvina, interrotta per un anno, riprese con ruoli che esaltavano il suo virtuosismo, quali quello di Betly, nell’omonima opera buffa di Donizetti. Il Filosofo di campagna di Baldassarre Galuppi (ultima rappresentazione prima della chiusura della Piccola Scala) vide Elvina nel ruolo di Eugenia con accanto Madlyn Renée e Roberto Coviello ai loro esordi. Partecipò ancora come solista a un evento musicale alla Villa Reale di Milano, organizzato dal sindaco Tognoli in onore dei sindaci delle grandi città del mondo; e ad alcuni recital a Parma e Ferrara (verso la metà degli anni Ottanta).
A questo punto riapparve la grinta che l’aveva caratterizzata da giovanissima ed Elvina iniziò la sua nuova carriera di maestra di canto diventando un sicuro punto di riferimento per le esordienti e un’infallibile scopritrice di nuovi talenti. Basti citare Anna Caterina Antonacci, nuova primadonna italiana dell’opera, e Raffaella Angeletti, una delle più promettenti soprano della scena internazionale.
Elvina Ramella, soprano e maestra indimenticabile, fu circondata dall’amicizia e dalla stima di grandi star dell’opera quali Mario Del Monaco, Giuseppe di Stefano e Luciano Pavarotti.
Morì a Milano il 4 marzo 2007.