Santippe era figlia di Lamprocle e diventerà moglie di Socrate.

Di lei abbiamo alcune notizie storiche certe e molte tradizioni antiche, spesso malevole (possiamo facilmente sospettare che sia intervenuta in ciò la nota misoginia antica). Santippe, figlia dell’ateniese Lamprocle, nata probabilmente intorno al 440,  sposò Socrate all’incirca nel 420, quando lui aveva già circa 50 anni;  la coppia ha avuto tre figli, il primo chiamato Lamprocle come il nonno materno, il secondo Sofronisco (dal nome del nonno paterno) e il terzo Menesseno. Nel 399,  al momento del processo e della morte del filosofo, sappiamo con certezza dalla celebre “Apologia” platonica che il più grande dei figli è un adolescente, gli altri due sono ancora bambini. Nel Fedone (par. 60 a) troviamo Santippe, che tiene seduto accanto a sé il figlio più piccolo, nel carcere di Atene,  già da ore in conversazione  col marito che deve morire proprio quel giorno. Platone, autore del dialogo, dice che Santippe piange quando vede entrare nella cella gli amici del marito , lamenta che in quel giorno si svolga l’ultimo colloquio tra il filosofo e i suoi discepoli, riferisce che la moglie dice “quelle cose che sono solite dire le donne” e che compie i tradizionali gesti del lutto, gridando e percuotendosi, mentre su invito di Socrate uno di loro l’accompagna a casa. La ferrea divisione dei ruoli fa sì che Platone non si soffermi oltre sulle parole e sui gesti di Santippe e che la celebre discussione sull’immortalità dell’anima, seguita dal racconto della fine del filosofo, si svolga solo tra maschi, in una  riproduzione spiritualizzata e aggiornata della “bella morte” del guerriero sul campo di battaglia. A noi interesserebbe invece sapere molto di più sulle parole effettive  della donna.. Nel racconto platonico comunque Santippe si comporta come una moglie affettuosa e addolorata. Sul comportamento di Socrate come marito e padre possiamo fare solo delle supposizioni;  di certo  sappiamo che il filosofo passava tutto il suo tempo a discutere in piazza  e non si interessava di attività economiche, forse perché disponeva di una piccola rendita, e che in ogni caso  la sua relativa povertà non gli pesava, anzi la  rivendicava come segnale di autonomia e disinteresse;  il suo tenore di vita era molto modesto, non spendeva quasi nulla per abiti e calzari. Probabilmente la moglie avrebbe voluto un apporto più concreto alla vita familiare, e un sostegno ai figli che non fosse solo fatto di consigli e moniti paterni. Ci viene tramandato  un episodio in cui Socrate invita a cena un personaggio altolocato come Alcibiade,  Santippe si preoccupa di non avere cibi un po’ qualificati da mettere in tavola e il filosofo si dichiara estraneo, con i suoi amici, rispetto a questi riti lussuosi.  Le tradizioni successive  (Senofonte nei “Memorabili di Socrate” e altre citazioni di ambito cinico, soprattutto del filosofo Antistene, particolarmente ostili alle donne)  ci riportano aneddoti che dipingono Santippe come una moglie  dal carattere “difficile, aspro, insopportabile”,  e molti diverbi coniugali. Naturalmente si tratta di versioni improntate alla tipica misoginia greca, e che puntano a presentare il filosofo come un campione di sopportazione. In ogni caso, anche da  questi aneddoti risulta che  Socrate si relaziona  con la moglie e non tronca mai la discussione imponendosi su di lei con la forza o ricorrendo alla tradizionale “autorità maritale”. L’aneddoto più interessante è quello in cui Socrate sostiene che imparando a convivere e ad avere rapporti con questa moglie “indocile” si allena a relazionarsi con tutti gli altri esseri umani. Quanto a Santippe, quello che possiamo rilevare dai vari episodi (anche se frutti di una tradizione malevola)  è che certo non si trattava di una donna silenziosa e passiva; diceva con chiarezza  la sua, in privato e anche in piazza.  Non era  una moglie sottomessa, non era una madre tutta comprensione e dedizione. Senofonte riporta nei “Memorabili”  un dialogo in cui il figlio Lamprocle si lamenta col padre per il cattivo carattere di Santippe; Socrate lo invita pacatamente a rispettarla e a esserle riconoscente per tutto quello che come madre ha fatto per lui , a ricordare tutti i guai e i fastidi che le ha procurato da piccolo, a pensare che i rimproveri materni gli sono rivolti per il suo bene. Insomma, anche in questi ricordi tradizionali e  un po’  ricostruiti la figura di Santippe esce dai binari rigidi  e conformisti della moglie e madre ateniese, ” perfetta”  nel suo silenzio e nella sua rassegnata discrezione.

Non sappiamo cosa sia avvenuto a lei e ai suoi tre ragazzi dopo la morte del filosofo:  dai discorsi fatti da Socrate stesso nell’imminenza della sua condanna possiamo dedurre che probabilmente  ha potuto contare sull’aiuto degli amici del filosofo, sia sul piano economico che su quello dell’educazione dei figli.  Oggi noi preferiamo ricordare Santippe come una donna che ha convissuto intensamente ( con tutte le difficoltà del caso)  con un  pensatore  grande,  scomodo , squattrinato e anticonformista,    e che con le sue obiezioni  e critiche ha contribuito ad “allenarlo” alla comprensione e alla relazione con l’altra/o. 

 

 

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Santippe

Platone, Apologia di Socrate;

Platone, Critone;

Platone, Fedone;

Senofonte, Memorabili di Socrate;

Diogene Laerzio, Vite dei filosofi;

G.Reale,  Socrate, Milano 2000.

Voce pubblicata nel: 2018

Ultimo aggiornamento: 2018