«Nel partito comunista – che forse era ancora il luogo migliore in cui stare per una donna – quando ci si trovava a dover nominare una commissione su una certa direttiva, si faceva una lista di nomi e venivano fuori sempre Pajetta, Ingrao, Rossanda e poi, dicevano, “ci vuole una donna”. E io timidamente facevo notare che ero una donna. “No, no, ci vuole una donna vera” era la risposta» [1]
È l’ironia di Rossana Rossanda a presentarci il modo totalizzante eppure distaccato, sensibile e lucido con cui guarda a sé e alle cose.
Quando il padre viene rovinato dalla crisi del ’29, Rossana viene ospitata con la sorella Marina (poi medico e primario all’Ospedale di Niguarda) a Venezia dagli zii. La famiglia si riunisce a Milano nel 1937. Rossanda partecipa giovanissima alla Resistenza (con il nome di “Miranda”) ed è allieva di Antonio Banfi, di cui sposa il figlio Rodolfo (ma il matrimonio sarà breve).
Diviene dirigente del Partito Comunista Italiano negli anni ’50 e ’60. Consigliera comunale in città, poi responsabile nazionale della Cultura del Partito comunista. Nel 1963 è eletta per la prima volta alla Camera dei deputati e poi di nuovo nella V legislatura. Fonda, con Luigi Pintor, Valentino Parlato, Lucio Magri e Luciana Castellina, «il Manifesto», gruppo politico e rivista, nato dall’esigenza di elaborare la crisi del socialismo reale, sull’onda dei movimenti studentesco e operaio. Il primo numero vede la luce il 23 giugno del 1969. La rivista (diventerà quotidiano il 28 aprile 1971) assume posizioni in contrasto con la linea maggioritaria del partito (in particolar modo rispetto all'invasione Sovietica in Cecoslovacchia, con l'editoriale uscito nel secondo numero intitolato Praga è sola). Rossana Rossanda esprime in quella occasione – e così sarà sempre - il coraggio di un pensiero critico e autonomo, non condizionato da opportunismi. Il Comitato centrale del PCI del 24 novembre 1969 delibera la radiazione dal PCI per lei, Luigi Pintor e Aldo Natoli, e in seguito commina sanzioni amministrative a Luciana Castellina, Lucio Magri e Valentino Parlato (cfr Le radici di un’eresia comunista, «Il Manifesto», 24/11/2009).
A Manuela Fraire che la interroga sul sentimento di perdita rispetto all’uscita dal PCI, risponde che la perdita, di senso, sarebbe l’abbandono dell’impegno politico: «Per chi lo ha abbandonato. Io no, non posso costruire granché, ma posso tentar di portare “di pianto in ragione”, per dirla con Fortini, quel che ci viene tolto e quel che ci viene offerto. È senza senso vivere come si vive: più deprivati di potere che mai sul nostro destino, smarriti di fronte a noi stessi. Si patisce e si subisce. Tre quarti della teoria del post moderno, la fine delle grandi narrazioni, l’effimero, è un tentativo di svicolare alla perdita di senso. Maldestro. Certo, non tutti accettano il tragico dibattersi degli uomini per qualcosa che va al di sopra di loro. Io ho avuto una formazione diversa, ero abituata a pensare che la vita è tragica nel senso cinquecentesco della parola – Racine, Pascal – dove il conflitto non si aggiusta, non si risolve, non c’è pacificazione.» (Fraire Rossanda).«Guardo alle mie date: a quindici anni è la guerra, a venticinque la guerra fredda, a trentacinque è il comitato centrale del più grosso partito comunista d'occidente, a quarantacinque questo partito si libera di me... a cinquantacinque eccomi qui, nel riflusso dell'onda d'una mareggiata di cui conosco le andate e i ritorni, e che mi trascinerà sempre. La mia persona è scandita dai fatti altrui, Stalin non l'ho scelto, le masse non sono una frequentazione facoltativa, sono entrate e uscite decidendo i tempi di me-donna. Donna? E le altre donne? Il rombo di questo tempo è stato così forte che la voce delle donne non la ricordo; quella che decifro oggi nelle amiche femministe non l'ho avvertita mai prima. La donna era un dolore aggiunto, un particolare modo di patire o di fuggire.» (Le altre, p.11). E vale la pena di ripensare a questo tema: «io femminista non ho voluto essere», ma «il femminismo ha cambiato alcune categorie del mio pensare». Rossanda non esprime una visione metafisica della “differenza”, piuttosto questa consapevolezza le ha consentito di “vedere” che nessuna contraddizione poteva più restare allo stesso posto («io non sono quella che mi hanno detto», «lui non è come crede», Anche per me…), in particolare nel rapporto – che lei giudica acerbo – tra il femminismo e la sfera politica: «Per cui sarei a proporre … che le Camere siano composte metà di uomini e metà di donne. Almeno finché esiste in Italia, e non si schioda da oltre mezzo secolo, una democrazia che discrimina il genere. Insomma il maschio politico italiano è ancora un bel passo indietro rispetto alla semplice emancipazione» (Parliamo di donne, «Il Manifesto», 31 marzo 2008).
Impegnata da sempre nei movimenti, interviene costantemente sugli eventi di più drammatica attualità e sui temi politici, culturali, morali più urgenti. Resta editorialista del «il Manifesto», testata che custodisce alcuni dei suoi interventi più lucidi sui momenti cruciali della storia recente. Da alcuni anni vive a Parigi, con K. S. Karol, suo compagno da lungo tempo e attuale marito, e osserva l’Italia, le odierne vicende di donne e di uomini del nostro paese, dalla «giusta distanza»
NOTA 1. Rossana Rossanda, Donne e politica in «Inchiesta» n. 160, aprile-giugno 2008, p. 64.
Rossana Rossanda L'anno degli studenti, Bari, De Donato 1968
Rossana Rossanda Le altre. Conversazioni sulle parole della politica, Milano, Feltrinelli 1979
Rossana Rossanda, Un viaggio inutile, Torino, Einaudi 1981
Rossana Rossanda con Pietro Ingrao e altri, Appuntamenti di fine secolo, Roma, Manifestolibri 1995
Rossana Rossanda, Note a margine, Bollati Boringhieri 1996
Rossana Rossanda con Filippo Gentiloni, La vita breve, Pratiche 1996
Rossana Rossanda con Carla Mosca, Brigate Rosse. Una storia italiana, Baldini Castoldi Dalai 2001
Rossana Rossanda, Bagnoli, lo smantellamento dell’Italsider, Mazzotta 2001
Rossana Rossanda, Intervista sul ’68, Torino, Einaudi 2007
Rossana Rossanda, La ragazza del secolo scorso, Torino, Einaudi 2007
Rossana Rossanda con Emanuela Fraire, La perdita, Bollati Boringhieri 2008
Referenze iconografiche: Rossana Rossanda, 1963.. Foto di dati.camera.it. Creative Commons Attribution 4.0 International license.
Voce pubblicata nel: 2012
Ultimo aggiornamento: 2023