Milena è nota come l’ "amica di Kafka", la destinataria delle sue lettere. Tuttavia Milena Jesenská è stata una grande giornalista, scrittrice originale, versatile e curiosa, traduttrice, e un’intellettuale attiva e impegnata nelle grandi e dolorose ferite del suo tempo.

Aderisce al Partito Comunista nel 1931, ma dopo pochi anni lo abbandona per protesta contro il regime bolscevico. Viene arrestata a Praga all’arrivo dei tedeschi e deportata nel campo di concentramento femminile di Ravesnbrück, dove muore nel 1944. I quattro anni di prigionia sono raccontati con grande commozione da un’altra grande donna, che nel campo diventa sua confidente e amica: Margarete Buber-Neumann. Avrebbero voluto scrivere insieme il libro di questa esperienza, L’èra dei campi di concentramento; solo più di trent’anni dopo Margarete pubblica un libro che costituisce una testimonianza lucida, preziosa e straziante di quel periodo (Milena, 1977).

Il padre di Milena, Jan Jesensky, era un chirurgo dentale e professore presso l’Università Carolina di Praga. La madre, Milena Hejzlarová, muore quando la figlia ha appena 16 anni. Milena studia al Minerva, il primo liceo classico femminile dell’Europa centrale, un luogo all’avanguardia per i tempi e di promozione dell’emancipazione femminile. Dopo il diploma studia per un breve periodo alla facoltà di medicina, poi al conservatorio, ma abbandona entrambi gli studi. Milena, è una giovane curiosa: legge con avidità Hamsun, Dostoevskij, Wilde, Byron. Nel 1918, contro il volere del padre (antisemita e nazionalista che per nove mesi la fa anche rinchiudere nella clinica psichiatrica di Veleslavin per insania morale…) sposa Ernst Pollak, intellettuale e critico letterario ebreo che aveva conosciuto attraverso i circoli letterari di Praga, il caffè Arco - frequentato da scrittori come Max Brod, Johannes Urzidil, Paul Eisner, Franz Werfel - e con lui si trasferisce a Vienna. Milena mal si adatta alla nuova vita in una città in cui è sola. Lavora come insegnante privata, fa la portabagagli alla stazione, comincia a scrivere per «Tribuna» sulla pagina dedicata alle donne, e a tradurre, fra gli altri, testi di Rosa Luxemburg, Hermann Broch, Franz Werfel, Stevenson, Guillaume Apollinaire, Paul Claudel. È così che nel 1919 legge un breve racconto dello scrittore praghese Franz Kafka da cui rimane fortemente colpita e gli scrive per ottenere l’autorizzazione alla traduzione dal tedesco al ceco. È l’inizio di una viva corrispondenza tra i due, che si incontrano tuttavia soltanto due volte: a Vienna e poi a Gmünd. La relazione, prima amicale, poi d’amore, è breve ma intensa e anche se la loro corrispondenza (quasi quotidiana) si interrompe nel novembre 1920, Kafka lascia a Jesenská i propri diari. Quel "fuoco" era stato troppo "vivo". Milena scriverà a Max Brod dopo la notizia della morte di Kafka:

"Se allora fossi venuta con lui a Praga sarei rimasta per lui quella che ero. Io invece avevo i piedi ancorati saldissimamente in questa terra, non ero in grado di abbandonare mio marito e forse ero troppo donna per trovare la forza di assoggettarmi a una vita che sarebbe stata, sapevo bene, la più rigorosa ascesi fino alla morte. Dentro di me c’è però un invincibile desiderio, un desiderio folle di una vita tutta diversa da quella che faccio e che forse non farò mai, di una vita con un figlio, di una vita che sia molto vicina alla terra. Questo dunque ha vinto su ogni altra cosa, sull’amore, sull’amore del volo, sull’ammirazione e ancora sull’amore".

Il 22 aprile 1920, sul settimanale «Kmen» esce Il fuochista: è la prima volta che Kafka viene tradotto in una lingua straniera - successivamente Milena traduce anche La condanna, La metamorfosi, Meditazione. A Vienna, Milena Jesenská comincia a scrivere articoli per altre riviste, come per «Národní Listy», occupandosi di moda, ma anche di temi di argomento generale, quali l’amicizia, il matrimonio, la giovinezza, nei quali rivela un’intelligenza brillante e una grande capacità di analisi sociologica, di intuizione, di partecipazione emotiva. Ora sono viaggi in treno, ora i paesaggi che si mostrano improvvisamente inusitati dalle finestre di una casa, i sobborghi cittadini in un assolato pomeriggio domenicale ("la tragedia del non tragico!"), la città di Vienna, decadente, sonnolenta, quasi smorta ma "vivificata dal buon umore dei viennesi"; o quel breve e intenso ritratto del kitsch che si conclude, ossimoricamente, con un ritratto del carattere ceco a cui sembra aver attinto la penna di Angelo Maria Ripellino in Praga magica:

"Noi non conosciamo la vera gaiezza. Essa non ci è data. Non sappiamo essere spiritosi, ma solo rozzi e scurrili. I nostri cabaret sono - salvo rare eccezioni - volgari. I nostri giornali umoristici miseri e scadenti. I nostri ritrovi notturni, i bar, le sale da ballo e gli altri locali di infimo ordine oppure noiosi. Noi non abbiamo niente in comune col kitsch. Nei nostri vagabondaggi notturni ignoriamo la tenue grazia dei parigini. Il vino ci rende sentimentali e piagnucolosi, sognanti e malinconici. Divertirsi, da noi, è considerato un male" (Elogio del kitsch, «Tribuna», 28/7/1922).

In questo periodo, che si inserisce nel particolare e vivace risveglio dell’identità socio-culturale del mondo femminile, lavorano accanto a lei alcune delle più grandi intellettuali del tempo, come Jaroslava Vondráčková (1894-1986, stilista, scrittrice e giornalista) Běla Friedländerová (1900-1965, atleta, che fonda una scuola di ginnastica a Praga), Milča Majerová (1901-1977, coreografa d’avanguardia che apre uno studio di danza a Praga) e Zdenka Wattersonová (1890-1980, giornalista e traduttrice, corrispondente dagli Stati Uniti).

Nel 1925 decide di divorziare da Pollak e ritorna a Praga; qui prosegue la sua attività di giornalista, scrivendo per vari giornali e riviste (e sotto diversi pseudonimi), come «Pestrý Týden», nel 1926 esce la raccolta di vecchi articoli intitolata Il cammino verso la semplicità; conosce e sposa l’architetto ceco Jaromir Kreicár e nel 1928 nasce la figlia, Jana ("Honza"). Quando entra a far parte del partito comunista scrive su riviste come «Rude Pravo», «Svět Práce» e «Tvorba», occupandosi di argomenti sociali, come l’aborto o la censura. Nell’ottobre 1934 anche il suo secondo matrimonio finisce. Tra il 1937 e il 1939 scrive sulla prestigiosa rivista di politica e cultura «Přitomnost». Vi contribuisce con editoriali, commenti e reportages politici sull’ascesa del partito nazista in Germania, sull’"indottrinamento nazista nelle scuole, sistematico e completo", sull’antisemitismo (la calunnia, la diffamazione, il boicottaggio sociale perpetrati in modo sistematico e incomprensibile), sull’annessione (Anschluss) dell’Austria alla Germania nazista, le famiglie smembrate nei Sudeti, come per esempio Le fortezze della S.D.P. (28/9/1938), Famiglie smembrate (1/7/1938), Tre giornate (28/9/1938), Al di sopra delle nostre forze (12/10/1938), In terra di nessuno (29/12/1938), Addio, Jules Romains! (1/2/1939), Un buon consiglio vale più dell’oro (8/3/1939), Praga la mattina del 15 marzo 1939 (22/3/1939):

"Sull’Altstädter Ring sorge la tomba del Milite Ignoto. Oggi essa è invisibile, ricoperta da una montagna di bucaneve. Una strana forza guida misteriosamente qui i passi della gente, vi conduce schiere intere di praghesi; ognuno depone un mazzolino di bucaneve su questa modesta tomba di un grande ricordo. Lacrime scorrono sul viso di quanti vi stanno intorno. Non soltanto su quelli di donne e bambini, ma anche di uomini che a piangere non sono abituati. E anche questo è inconfondibilmente “ceco”: non si sentono lamenti, né si avvertono paura o disperazione o lo scatenarsi di sentimenti violenti. Soltanto dolore. In qualche modo deve esprimersi, centinaia di occhi versano lacrime per esso. È senza dubbio così che nascono le tradizioni nazionali, che si pongono le prime pietre di usanze che si tramandano per anni e anni. Ogni 15 marzo le madri ceche andranno coi loro figli a deporre un mazzolino di bucaneve alla tomba del Milite Ignoto. E questo gesto si scolpisce nella coscienza dell’uomo come un grande atto sacrificale. Alle spalle di questa folla ho visto passare un soldato tedesco: egli si è fermato e ha salutato. Ha guardato quegli occhi rossi dal pianto, le lacrime che scorrevano sui volti, la montagna di fiori coperta di neve. Ha capito che quella gente piangeva perché 'lui' era lì. E ha salutato. Non può aver capito il motivo di quel dolore. Guardandolo ho pensato alla Grande Illusione: verrà davvero il giorno in cui potremo vivere fianco a fianco - tedeschi, cechi, francesi, russi, inglesi - senza farci del male, senza doverci odiare, senza farci torto a vicenda? Verrà davvero il giorno in cui fra gli stati ci sarà comprensione come fra gli individui? Cadranno un giorno le frontiere fra i paesi, così come cadono quelle fra gli uomini quando essi si avvicinano? Come sarebbe bello vedere quel giorno!"

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Dopo l’occupazione della Cecoslovacchia da parte dell’esercito tedesco, Milena Jesenská si unisce al movimento di resistenza clandestino aiutando molti ebrei e rifugiati politici nell’espatrio e scrivendo per il giornale clandestino «V Boj» («Avanti, a combattere»). Il suo appartamento diventa un luogo di incontro e un rifugio per coloro che vogliono fuggire all’estero, una sorta di quartier generale di resistenti cechi, tedeschi e perfino inglesi che si prefiggono di combattere il nazionalsocialismo.

Nel novembre 1939 viene arrestata dalla Gestapo e incarcerata prima a Pankrak, poi a Dresda. Nell’ottobre 1940 viene deportata nel campo di concentramento di Ravensbrük in Germania. Anche la figlia di Milena, Jana ("Honza") Krejkarová (poi Jana Černá, 1928-1981), sarà scrittrice, per le pubblicazioni Pulnoc nei primi anni cinquanta e per Divoké víno negli anni Sessanta, dedicando alla madre pagine intente di ricordi e redigendo testi e poesie di erotismo e avanguardia femminista (In culo oggi no, traduzione dal ceco di Alessio Cobianchi, in appendice testi su Jana Černá e Beatnik a Praga di Peppe Mauro Notturna, E/O, Roma 1992).

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Milena Jesenská

Jaroslav Dressler, Kafkova Milena, Archa, Praga 1982 (in ceco)

Jana Černá, Vita di Milena, traduzione di Anna Martini Lichtner, Garzanti, Milano 1986

Milena Jesenská, Tutto è vita, con otto lettere a Max Brod, a cura di Dorothea Rein, Guanda, Parma 1986

Franz Kafka, Lettere a Milena, a cura di Willy Haas, traduzione di Ervino Pocar ed Enrico Ganni, Mondadori, Milano 1988

Marta Marková-Kotyková, Mýtus Milena: Milena Jesenská jinak, Primus, Praga 1993 (in ceco)

Alena Wágnerová, Milena Jesenská: una biografia, traduzione di Carlo Mainoldi, Archinto, Milano 2004

Mary Hockaday, Kafka, Love, and Courage: The Life of Milena Jesenská, Overlook Press, New York 1997

Margarete Buber-Neumann, Milena, l'amica di Kafka, traduzione di Caterina Zaccaroni, Adelphi, Milano 1999

Milena Jesenská, Lettere di Milena di Praga (1912-40), a cura di Alena Wágnerová; edizione italiana a cura di Claudio Canal, Città aperta, Troina 2002

Marie Jirásková, Una scelta tradita: Milena Jesenská e la vigilia della guerra. Con scritti di Milena Jesenská, traduzione di Andrea Venturini, Forum, Udine 2007

Jana Černá, Lettera a Milena, traduzione di Ivana Oviszach, postfazione di Marie Jirásková, Forum, Udine 2009

Antonio Castore, Lo spazio paradossale dell'incontro: tracce di Babele nelle «Lettere a Milena», in Giovanni Sampaolo (a cura di), Kafka: ibridismi. Multilinguismo, trasposizioni, trasgressioni, Quodlibet, Macerata 2010

Donatella Sasso, Milena, la terribile ragazza di Praga, Effatà editrice, Cantalupa (Torino) 2014

Milena Jesenská, In cerca della terra di nessuno, traduzione di Chiara Rea, postfazione di Marcella Filippa, Castevecchi, Roma 2014

Referenze iconografiche: Milena Jesenská. Immagine in pubblico dominio. 

Voce pubblicata nel: 2017

Ultimo aggiornamento: 2023