Figlia di Carlo IV e Maria Luisa di Borbone, ramo Parma, ha governato nei difficili anni della dominazione napoleonica e della restaurazione. Fu per decisione di Bonaparte regina d'Etruria e, in seguito, per decisione del Congresso di Vienna, duchessa di Lucca.
Sesta di quattordici figli, all’età di tredici anni sposò, per ragioni dinastiche, il cugino Ludovico di Borbone, principe ereditario di Parma. Fu un’unione felice, come ella stessa racconta nel suo diario, ma breve. Il marito, infatti, morì nel 1803, a soli 30 anni. Dalla loro unione nacquero due figli: Carlo Ludovico e Maria Luisa Carlotta.
Vissero in Spagna fino al 1801 quando con il Trattato di Lunéville, furono inviati da Napoleone in Toscana, con il titolo di sovrani d’Etruria. Quando giunsero a Firenze trovarono Palazzo Pitti spoglio. Per arredarlo dovettero far ricorso a prestiti e donazioni da parte della nobiltà del luogo. Osteggiati dall’aristocrazia che li vedeva come emissari di Napoleone, guardati con sospetto dall’intellighenzia che li credeva reazionari, ebbero vita difficile sin dal loro arrivo. Con la morte di Ludovico, Maria Luisa prese le redini del governo dello Stato come reggente del piccolo Carlo. Cercò di porre argini alle finanze in dissesto a causa delle ripetute carestie, delle guerre sostenute contro i Francesi, del mantenimento (suo malgrado) delle truppe francesi di stanza in Etruria. Durante la sua reggenza, Maria Luisa affidò a Vittorio Fossombroni, già ministro dell’economia di Pietro Leopoldo, il risanamento dello Stato. Questi partì dalla difesa della libertà di commercio come punto fermo intorno al quale far ruotare gli altri interventi di economia politica. Il 30 aprile 1804, Maria Luisa fece ripartire la libera esportazione delle derrate alimentari e dei prodotti dell'agricoltura con una legge resa ancora più ampia nel giugno dell’anno successivo. Rilanciò l'agricoltura e vennero sostenuti gli sforzi dei produttori. Fu istituita la Deputazione per il riordinamento delle finanze e affrontato il problema del deficit. Furono tagliate le spese, aumentate le tasse, messe a freno le malversazioni dei corruttori e dei corrotti, rinvigoriti i redditi dell’erario. Ma non bastarono questi provvedimenti a farle acquistare appoggi e simpatia. Fu intransigente nel campo religioso. Per tutta la vita. Questo suo atteggiamento le provocò ostilità e accuse. Appassionata d’arte, scelse come precettore del figlio Giovanni Degli Alessandri, presidente dell’Accademia di belle arti della città. Divenne protettrice degli studi e degli ingegni, premiando i talenti e la creatività. Volle consegnare personalmente i premi che l’Accademia assegnava ai giovani allievi più meritevoli, scelse il pittore neoclassico Pietro Benvenuti come direttore dell’Accademia, Luigi Sabatelli come maestro di disegno del piccolo re, commissionandogli gli affreschi per la sala della reggia detta dei Novissimi; sottrasse a Napoleone, che lo voleva per sé, l’intagliatore Raffaello Morghen aumentandogli lo stipendio. Ella stessa dipingeva, con qualità e tecnica. Nel 1807 istituì il Liceo di Fisica e Scienze Naturali con insegnamenti di livello universitario. Le cattedre istituite furono sei: astronomia, fisica, chimica, mineralogia e zoologia, botanica e anatomia comparata; scelse per la docenza di queste discipline il meglio che le offriva il territorio. Diede fondi e sostegno all’università di Pisa, chiamò per dar loro la cattedra il chirurgo Andrea Vacca Berlinghieri, il botanico Gaetano Savi, il grecista Sebastiano Ciampi: un parterre d’eccezione. Quello che desiderava era dare corpo, cultura e forza al suo Stato, al regno che sarebbe stato del figlio. Ma la Francia era perennemente in agguato. Maria Luisa lavorava per l’Etruria, Napoleone per togliergliela. Il 10 settembre 1807 fu obbligata a lasciare Firenze. Bonaparte cambiò nome al regno e lo diede alla sorella Elisa. Esiliata Maria Luisa, le fu promesso il trono del regno di Lusitania, nel nord del Portogallo, così come stabilito nel trattato di Fontainebleau, stipulato tra i suoi genitori e Napoleone. Non ci pensò ad accettare uno scettro che usurpava quello della sorella, regina del Portogallo. Mandata in esilio in Francia, con la sua famiglia, cercò di progettare la fuga. Gli uomini della polizia intercettarono le lettere, i suoi amici furono arrestati, qualcuno mandato al patibolo. Catturata dalle truppe francesi, le fu tolto il figlio che venne affidato ai nonni materni e fu incarcerata nel monastero di San Sisto, a Roma, dove viveva la cognata suor Giacinta Domenica. Napoleone le tolse tutti i suoi averi, lasciandole solo la figlia e la compagnia di una dama, la sua amica di sempre, Domenica Paglicci. Il 19 gennaio 1814, dopo tre anni di prigionia, fu liberata dalle truppe di Murat che entrarono in Roma.
Raggiunse i suoi genitori a Palazzo Borghese, riabbracciò il figlio, questa volta per sempre. Del suo destino politico si discusse e decise a Vienna. Le fu assegnato il piccolo Ducato di Lucca, già repubblica aristocratica separata dal resto della Toscana e successivamente principato napoleonico. Il trattato di Parigi del 1817 stabilì che Parma sarebbe ritornata alla sua famiglia solo dopo la morte di Maria Luigia d'Austria, vedova di Napoleone. Nel frattempo, Maria Luisa divenne duchessa di Lucca con il rango e i privilegi di una regina. Cancellare ogni traccia del governo di Elisa Bonaparte, che aveva governato Lucca dal 1805 al 1814, fu uno dei suoi obiettivi. Nell’attività sociale cominciò dalle donne, da quelle più povere. Dispose, appena arrivata, che fosse assegnata a cento fanciulle dello Stato una dote di 12 scudi. I parroci segnalarono i nominativi di quelle comprese tra i 18 e i 30 anni. Furono molte e per questo le doti furono attribuite con un sorteggio. Poi si occupò dei diseredati e istituì una speciale commissione che provvide a far realizzare cento letti da distribuire ad altrettanti poveri della città.
Cento letti non risolvevano il problema forte della povertà, ma davano un sollievo a quanti non possedevano di che dormire. Stabilì anche che se fossero avanzati scudi dagli 800 deliberati per la causa, questi sarebbero stati usati per far cucire camicie ed indumenti per i più diseredati. E perché il segnale della sua attenzione agli ultimi fosse chiaro volle che fossero restituiti ai poveri i loro beni impegnati al Monte di Pietà e ordinò che il Tesoro si facesse carico di rimborsare quanto dovuto. Riportò in vita diciassette monasteri, undici femminili e sei maschili. Diede nuova vitalità alle congregazioni e alle confraternite. Una sterzata verso la religione che parlava del suo vissuto, della storia presente che era volta alla restaurazione, ma anche del suo desiderio di rinnegare le azioni di chi l’aveva preceduta. Nel luglio 1819, decretò la nascita del Liceo reale. Carlo Ludovico ne divenne il presidente, ma tutto il controllo era nelle mani di Maria Luisa che ne curò i dettagli, puntando sulla scelta di professori di primissimo livello. Nominò come direttore Bernardino Orsetti. Un Liceo di cultura scientifica come mai c’era stato in città. Diritto canonico e teologia, diritto civile, diritto criminale e commerciale, patologia, fisiologia e anatomia, ma anche ingegneria, matematica, fisica, botanica e astronomia ed ancora sintesi, logica, metafisica ed etica.
Diciassette cattedre nel Palazzo Lucchesini di San Frediano. Vi fece realizzare laboratori e gabinetti scientifici ed anche un Teatro anatomico. Il mese dopo fu la volta del Collegio medico che fu seguito, a ruota, da quelli degli ingegneri, degli avvocati e degli agrimensori. L’anno dopo fece istituire la scuola di idraulica ed idrostatica. Percorsi formativi maschili ai quali furono affiancati quelli per la formazione femminile.
L’Istituto Maria Luisa e il Conservatorio Luisa Carlotta divennero i suoi fiori all’occhiello. Per le allieve furono materie di studio lettura, scrittura, catechismo, aritmetica, lingue italiana, francese e inglese, geografia, storia sacra, storia profana, logica e fisica. Era invece facoltativo, con scuole speciali, l’apprendimento del ballo, della musica vocale, del disegno e del pianoforte. Contro gli antichi pregiudizi che escludevano le donne dall’apprendimento tecnico-scientifico, fecero capolino, anche se timidamente, discipline afferenti al mondo matematico. Fece realizzare l’Orto botanico con dentro un arboreto, una collinetta, un laghetto, le serre, l’erbario, un piccolo museo, la biblioteca. A Marlia, istituì l’Osservatorio astronomico. Chiese, per la sua costruzione, la consulenza dell'astronomo tedesco Von Zach Franz Xaver. I lavori iniziarono nel 1819, su un’altura all'interno del parco della Villa Reale di Marlia; li progettò e curò l'architetto Lorenzo Nottolini. A dirigere l'Osservatorio fu chiamato il francese Jean-Louis Pons, tra i maggiori astronomi del tempo, scopritore di stelle comete, coadiuvato da Michele Bertini, lucchese, nel ruolo di astronomo calcolatore. Nel 1820 Maria Luisa ipotizzò di dare al suo Ducato una costituzione, poi non ne fece più niente. Le mura di cinta della città di Lucca persero il rude ruolo militare e divennero, sempre grazie all’azione del Nottolini, un prezioso parco pubblico, una passeggiata chilometrica tra platani, querce rosse, ippocastani. La città fu messa a nuovo: i mercati alimentari spostati fuori le mura per garantire ordine e pulizia all’interno, le abitazioni imbiancate e sistemate, molte più strade furono illuminate con lampioni ad olio. Arrivò l’acqua potabile in città. Il genio architettonico di Nottolini captò l'acqua da 18 fonti purissime, la purificò, e attraverso una struttura di oltre 3 chilometri di lunghezza la fece giungere alle numerose fonti pubbliche e private di Lucca.
Maria Luisa acquistò il cinquecentesco palazzo Guidiccioni per farne la sede dell’Archivio generale. Poi i teatri. A Lucca ve ne erano quattro. Uno più prestigioso dell’altro. Dal 1817, in meno di due anni, Maria Luisa fece costruire il Giglio, proprietà dello Stato, diretto dal marchese Antonio Mazzarosa. Tra i primi teatri pubblici italiani, il Giglio ospitò le maggiori compagnie del tempo dando lustro al ducato e portandolo in tournée nel mondo. Per la salute di tutti provvide a rendere obbligatori controlli e vaccinazioni, attraverso il lavoro del Comitato sanitario permanente. Dichiarò guerra al vaiolo e al tifo e chiese ai suoi medici di fare tutto quanto in loro conoscenza per allontanarli dalla sua comunità. Introdusse il vaccino. Trascorse, per motivi di salute, le estati a Lucca e gli inverni a Roma. Morì, forse di cancro ai polmoni, il 13 marzo 1824, nella città del papa. Il suo corpo fu portato in Spagna per essere sepolto, accanto al marito Ludovico, all’Escorial. I precordi rimasero a Lucca fino al 1870 quando, insieme a quelli di altre principesse, furono deposti a Viareggio, nella Cappella dedicata a San Carlo Borromeo nella tenuta borbonica.
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Referenze iconografiche: Ritratto di Maria Luisa di Borbone, 1801, di François-Xavier Fabre. Palazzo Pitti, Galleria d'Arte Moderna.Fonte: Polo Museale. Immagine in pubblico dominio.
Voce pubblicata nel: 2012
Ultimo aggiornamento: 2023