«L’arte è come una pozzanghera che riflette il cielo, ma può passare inosservata. Può essere calpestata, ma l’immagine del cielo si ricompone sempre.»
Per via della salute cagionevole, ancora bambina, Maria viene affidata a parenti che stanno in campagna. «La mia vita con gli zii fu un grande viaggio nella fantasia, nella vastità della grande casa, della campagna, dei giochi. Ero analfabeta ma piena di favole. Ciò che ho fatto dopo, da adulta, è iniziato a quell’età».
Vive così un’infanzia libera, serena e carica di suggestioni fino ai 9 anni, quando arriva a Cagliari e anche per lei comincia la scuola. Del periodo trascorso a Cagliari è fondamentale l’incontro, che evolve in una vera e duratura amicizia, con un professore, Salvatore Cambosu, il quale l’avvicina alla poesia orientando la sua attenzione al ritmo, più che al significato.
Nel 1940 si trasferisce a Roma per frequentare il liceo artistico e poi dal 1942 al 1945 è a Venezia dove segue il corso di scultura tenuto da Arturo Martini all’Accademia delle belle arti. «Durante quei tre anni di frequenza alle sue lezioni vivevo una condizione di disagio con insicurezze e incantamenti, e nello stesso tempo sentivo di essere al posto giusto, più che a Roma, più che in Sardegna.»
Finita la guerra torna nell’isola, dopo un viaggio rocambolesco compiuto fra treni, navi da guerra e scialuppe di salvataggio. Questo ritorno segna l’inizio di un periodo difficile, di disorientamento e sofferenza; durante la «convalescenza» riallaccia i rapporti con Cambosu che la sostiene e la incoraggia: nel 1954 riparte per Roma. Del 1957 è la prima mostra personale (unica donna a esporre in quell’anno alla galleria Obelisco). Negli anni Sessanta sperimenta nuove forme e nuovi materiali: telai e pani a cui nel decennio successivo si aggiungono i libri cuciti e le geometrie-geografie di stoffe: «le mappe astrali rispondevano all’esigenza di un rapporto con l’infinito, di una dilatazione e proiezione sulle lontananze. I libri cuciti, al contrario, chiedono di essere tenuti tra le mani, toccati, sfogliati pagina per pagina, perché il lettore si fermi più a lungo e con più attenzione.»
Il 1979 è l’anno del suo primo intervento ambientale La casa cucita, Selargius (Cagliari), a cui seguiranno moltissimi altri interventi sul paesaggio come Legarsi alla montagna, Ulassai, 1981, sorprendente alternativa alla proposta del sindaco che aveva richiesto un monumento. Maria Lai, partendo da una leggenda locale, unisce insieme ai suoi concittadini tutte le case, una con l’altra, e le case alla montagna franosa che incombe, con 26 chilometri di nastro azzurro. «Lasciai a ciascuno la scelta di come legarsi al proprio vicino. E così dove non c’era amicizia il nastro passava teso e dritto, dove l’amicizia c’era invece si faceva un nodo simbolico. Dove c’era l’amore veniva fatto un fiocco.» La strada del rito e Le capre cucite, Ulassai, 1992 sono altri esempi significativi. Nel 2004 le viene conferita la laurea honoris causa in Lettere dall’Università degli studi di Cagliari per il tratto fortemente narrativo e concettuale della sua opera che si realizza però con tecniche tradizionali, arcaiche.
Ci sono poi molte esperienze in ambiti diversi e in collaborazione: teatro, scenografia, animazione, musica, grafica. Negli ultimi anni ha lavorato in più occasioni con Antonio Marras, artigiano-artista che come lei parte dalla memoria e dalle storie. È presidente onorario del museo Stazione dell’arte di Ulassai dalla sua fondazione nel 2006.
Referenze iconografiche:
Prima immagine: Maria Lai di Ulassai. Foto di Damiano Rossi. Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported license.
Seconda immagine: Maria Lai in mostra al MAXXI.Foto di Igor Francescato. Fonte Flickr.
Voce pubblicata nel: 2012
Ultimo aggiornamento: 2023