Scrivere di Isabella significa per me ricordare il volto particolare dove si posavano gli umori dell’Abruzzo antico e i chiaroscuri di una donna moderna. Scrittrice, traduttrice, regista, così avanti nelle sue scelte, nel suo lavoro.
Il padre Carlo è figlio del professor Filandro, avvocato e fondatore, a Chieti, di una Scuola di disegno; la madre Giulia è cugina di Raffaele Mattioli, banchiere economista e mecenate, lo “zio Big” al quale Isabella fu molto legata.Ma i genitori muoiono presto e le due bambine, Isabella e la sorella Annamaria, vanno a vivere con i nonni.
«Ho frequentato l’università di Napoli per due anni, uno di filosofia e uno di legge […]. Nel 1938 feci parte, quale attrice-allieva, della Compagnia di Anton Giulio Bragaglia. Due anni dopo smisi».
Giovanissima Isabella sposa Felice Ippolito, un brillante ingegnere a cui oggi è dedicato il Museo Nazionale dell’Antartide. Nel 1944 nasce Angelica, oggi straordinaria interprete teatrale e cinematografica. Poi l’incontro con Alec Smith, un poeta inglese bello e inquieto: Isabella lo sposa nel 1955, ma la loro unione è burrascosa. Vivono insieme nelle Isle of Harris in Scozia e a Positano, crogiolo di artisti e intellettuali venuti da tutto il mondo, si separano presto e divorzieranno definitivamente nel 1965.
Isabella si trasferisce a Milano, in un piccolissimo appartamento a Porta Vercellina. Legge, scrive, traduce racconti di Angus Wilson, E.M. Forster, Ray Bradbury, Graham Green; traduce per Bompiani un romanzo di Betty Mac Donald Cipolle nello stufato. Scrive La bambina che venne dal mare pubblicato a puntate sul «Corriere dei piccoli». Alla fine degli anni Cinquanta, a Londra, ritrova nella biblioteca dell’Anti-slavery Society uno scritto di Mark Twain contro i crimini del colonialismo in Congo, Il soliloquio di re Leopoldo. Lo traduce, lo pubblica. Vive a Milano e a Londra ma quando può torna a Napoli, dalla sorella e al suo mare: «Nijnski diceva: “Io sono Dio in un corpo”, e stamattina mi viene da pensare: “Io sono il mare in un corpo”».
Scrive sul «Corriere d’informazione» e su «Tempo presente», diretta da Nicola Chiaromonte e Ignazio Silone. I suoi articoli parlano di teatro, di letteratura di cinema e politica. Fra gli interlocutori e amici di questi anni ci sono Eugenio Montale, Raffaele La Capria, Gaetano Afeltra, Arthur Laurents, Margot Fonteyn, Joana Celibidache moglie del direttore d’orchestra Sergiu.
Ed è proprio seguendo alcuni amici che, nel 1956, Isabella conosce Eduardo De Filippo, nel suo rifugio di Isca, l’isolotto nel Golfo di Salerno. L’incontro è determinante: «A mio parere è più mutevole di Proteo. Quando mi sembrava di aver capito tutto di lui, mi sorprendeva nel bene e nel male, ma più spesso nel bene con pensieri ed azioni imprevisti. E forse proprio per questo ho potuto amarlo, dal primo momento all’ultimo così tanto». E di Isca, Isabella, s’innamora. «Esploro ogni insenatura, ogni grotta che incontro: tappezzata di alghe color rosa antico, un’altra larga e ravvivata da file e file di scarlatti pomodori marini».
Lei e Eduardo staranno insieme per circa trent’anni. Il 3 gennaio 1977 si sposano a Napoli «ma neanche questo è riuscito a rovinare il nostro rapporto».
Isabella continua la sua attività: collabora con la RAI per programmi dedicati a Gogol, Dostoevskij, Saki, Forster. Scrive Lo schiaffo da cui, lei ed Eduardo, ricaveranno la sceneggiatura televisiva di Peppino Girella. La sua scrittura è essenziale, descrive spazi, racconta persone, ma senza stucchevolezze; dietro ogni scritto ci sono pagine di ricerche e di riflessioni che riempiono taccuini e quaderni. E sono i ragazzini, i bambini, quelli che la colpiscono di più. Quelli che non hanno voce, quelli che, in nome di un concetto di famiglia che Eduardo nelle sue commedie distruggerà, sono condannati a non avere futuro perché, affermerà più volte Isabella, non votano.
Ed è sempre con Eduardo e con la compagnia teatrale che, nel 1962, press agent e public relation, parte per la tournèe in URSS, Polonia, Ungheria, Austria e Belgio.
Insieme ad Eduardo sarà sceneggiatrice dell’episodio Adelina nel film di Vittorio De Sica Ieri oggi domani (1965) e di L’ora di punta nel film Oggi domani e dopodomani (1965).
Frequenta un corso per registi a Londra organizzato dalla BDL (British Drama League) e dal British Council. Diventa dramatic teacher.Nel 1967 lavora all’Ufficio soggetti della De Laurentiis. Nello stesso anno, per il Maggio Musicale fiorentino, firma la regia de L’elisir d’amore di Donizetti con Gavazzeni, Bergonzi, Scotto.
Isabella accompagna De Filippo in Gran Bretagna quando Joan Plowright metterà in scena Filumena Marturano. Gli è accanto quando, nominato senatore, Eduardo porterà nell’aula il dramma dei ragazzi rinchiusi nelle carceri minorili, l’impegno per dare loro speranza nel futuro. Segue poi la pubblicazione delle opere di Eduardo per Einaudi, lo aiuta nella traduzione della Tempesta di Shakespeare, l’ultima fatica: raccontare in napoletano seicentesco la storia di Calibano e di Prospero e di quell’isola che tanto somiglia alla loro Isca. Con Eduardo condivide l’amore per la cucina: zuppa di cipolle alla Eduardo, spaghetti alle vongole fujute, parmigiana di zucchine amatissima da Nino Rota e da Rossellini. «Certo ci vuole tempo, questo è vero, e l’uomo del Duemila ne ha poco, e appunto per questo io non dico che si deve cucinare ogni giorno della settimana, ma dico che il farlo abbastanza spesso, in calma e tranquillità, mentre fuori tutti corrono a precipizio, è una delle occupazioni più rilassanti e creative che ci siano». Nel 1984 Eduardo muore. «Io non ho perso un marito. Non sono una vedova. Ho perso i due terzi della mia vita, del mio cervello del mio cuore dei miei sensi». Vive con discrezione quei giorni, si rifugia appena può a Isca: «Sto bene qui. A Isca, perché in qualche modo magico e misterioso che io stessa non so spiegarmi, quest’isola è Eduardo». Continua a scrivere e si occupa dell’archivio di Eduardo che oggi è conservato al Vieusseux di Firenze. Nel 2003 accetta il mio invito e partecipa alla presentazione di un libro al teatro del carcere di Rebibbia. So che i detenuti sono lì per lei, anche se non possono avvicinarsi e sono seduti distanti. Poi qualcuno di loro le rivolge una domanda e lei risponde semplicemente: «non vi sento. O vengo io da voi o venite voi da me». Un muro che crolla: da quel momento ‘donna Isabella’ diventa per quegli uomini un punto di riferimento per sempre.
Isabella muore il 18 febbraio 2005. Intorno a lei non ci sono piagnistei ma sorrisi e ricordi allegri. Il suo corpo coperto da un velo impalpabile è attorniato da cesti di arance e di limoni profumati, ricordando così i colori del sole, l’odore del suo mare e la sua voce calda e calma.
Isabella Quarantotti De Filippo, Si cucine cumme vogli’i’… Milano, Guido Tommasi Editore 2001
Isabella Quarantotti De Filippo (a cura di) Eduardo: polemiche, pensieri, pagine inedite, Milano, Bompiani 1985
Mark Twain, Il soliloquio di re Leopoldo, Roma, Editori Riuniti 1960
Betty Mac Donald, Cipolle nello stufato, Milano, Bompiani 1957
Voce pubblicata nel: 2012
Ultimo aggiornamento: 2021