Nata e cresciuta in una famiglia palermitana con ascendenze nobiliari, Giuliana Saladino aderì al PCI nell’immediato dopoguerra, a diciotto anni. Era un periodo di grandi passioni e speranze, e un’intera generazione colta confluì nel PCI. Tra gli altri anche Marcello Cimino, figlio di generale, giovane storico di grandi speranze, con cui Giuliana si sposò e visse tutta la vita. Inizialmente si lasciò coinvolgere nella organizzazione delle donne, ma progressivamente la vita di partito e anche il fare politica tra le donne le risultarono troppo strette. Aveva bisogno di indagare, capire, discutere, contestare, senza lacciuoli ideologici o, peggio, burocratici. Scrivere con verità fu il suo modo di agire per una società migliore. Cominciò a lavorare nel quotidiano palermitano «L’Ora», prima come segretaria di redazione, poi in ruoli sempre più importanti fino a diventare una delle colonne portanti del giornale. Curò la pagina della scuola, condusse inchieste sulla vita della città, sulle donne di Palermo e di Catania, sugli emigrati, sul terremoto del Belice, sui partiti politici siciliani, e, naturalmente, sulla mafia. Alla truce (e mai risolta) vicenda De Mauro, il giornalista de «l’Ora», sequestrato sotto casa e mai più ritrovato, dedicò il suo primo libro: De Mauro, una cronaca palermitana. Nel 1957, dopo i fatti di Ungheria, non rinnovò più la tessera del PCI. Uscì dal Partito senza clamore, ma non rinnegò l’esperienza fatta, illuminando – con grande sincerità – le asprezze della strada scelta: i vicoli ciechi, le deviazioni obbligate, i pantani della politica – ma anche le ineguagliabili atmosfere di amicizia e solidarietà. Sono i temi dei suoi successivi libri: Terra di rapina (1972) e Romanzo civile (pubblicato postumo). Nel 1976, sull’onda di un periodo di grande risveglio della coscienza pubblica in Sicilia (che aveva bocciato il referendum contro il divorzio) collaborò alla stesura di un libro collettivo Essere donna in Sicilia.Al “pessimismo dell’intelligenza”, Giuliana affiancò sempre “l’ottimismo della volontà”. Disse una volta: «Bisogna comunque battersi, con le armi che si hanno. Come negli ospedali in Africa. Gli strumenti non sono adeguati, mancano i bisturi; forse non ci sono nemmeno lampade e perfino le fasce sono poche; ma bisogna cercare di salvare qualche vita umana, anche senza ferri adatti, anche senza luce.»La aspettava un altro periodo di entusiasmo positivo, di azione fertile che coinvolse migliaia di persone. Davanti alle stragi di mafia, si fece protagonista di primo piano del movimento della società civile per il ripristino della legalità: prima animò il cosiddetto “popolo dei fax” per richiamare ai suoi doveri il Presidente della Repubblica; poi, sviluppando un’idea della figlia Marta, mise in piedi il Comitato dei lenzuoli, che investì tutta la città e che col piccolo breviario dei “Sette consigli scomodi”, troppo presto dimenticato, indicò la strada della responsabilità personale di ciascuna e ciascuno per arrivare a contenere e a debellare il fenomeno mafioso. Accettò di collaborare con «Mezzocielo», modesto periodico femminile, fin dal primo numero. Giornalista affermata e di grande prestigio, regalava ogni mese al giornale una sua colonnina di 30 righe, testimoniando di sentirsi “dalla parte delle donne”.L’attendeva un’ultima esperienza. Alle soglie dei 70 anni partecipò con entusiasmo alla campagna elettorale del dicembre ’93, per il rinnovo del comune di Palermo – e dopo le elezioni accettò di ricoprire la carica di Assessore alla Cultura nella Giunta Orlando; in questa veste coordinò il primo Incontro nazionale dei periodici femminili autogestiti. Successivamente si dimise; le delusioni che certamente aveva incassato e che avevano determinato l’abbandono, le tenne per sé. Ma quella incrinatura della “Primavera di Palermo” fu un campanello d’allarme, e, fosse stata apertamente analizzata, avrebbe portato alla luce debolezze ed ombre di quella esperienza, evitando forse altri errori. Giuliana tornò ai suoi libri, alla sua campagna, alle interminabili e fertili discussioni con i propri amici, all’amore discreto, mai invasivo, per le figlie Giuditta e Marta, le sorelle, i nipoti. Le amiche di «Mezzocielo» le mandarono - l’8 marzo 1999 (era già malata) un foglio grande quanto un lenzuolo pieno di auguri e di firme. Poche settimane dopo, moriva.
Giuliana Saladino, De Mauro, una cronaca palermitana, Feltrinelli 1972
Giuliana Saladino, Essere donne in Sicilia, Editori Riuniti 1976
Giuliana Saladino, Terra di rapina, Einaudi 1977
Giuliana Saladino, Romanzo civile, Sellerio 2000
Voce pubblicata nel: 2012
Ultimo aggiornamento: 2012