«Educazione è conoscere i hudud, i sacri confini, asseriva Lalla Tam, direttrice della scuola coranica dove, all'età di tre anni, fui mandata a raggiungere i miei dieci cugini. [...] Io desideravo tremendamente di compiacere Lalla Tam, e una volta che lei non era a portata d'orecchio chiesi a mia cugina Malika, di due anni maggiore di me, se poteva mostrarmi il punto esatto dove si trovavano i hudud. Da allora, cercare i confini è diventata l'occupazione della mia vita.»
Così scrive Fatima Mernissi, proponendo alcuni stralci della sua biografia in chiave narrativa nell'opera pubblicata nel 1994 Dreams of Trespass: Tales from a Harem Girlhood.
Nata nel 1940 a Fez, città del Marocco settentrionale durante il periodo di protettorato francese, Fatima trascorse la sua giovinezza nell'harem di famiglia appartenente alla borghesia cittadina. Completati gli studi in Marocco si trasferì prima in Francia e successivamente negli Stati Uniti dove ottenne un dottorato di ricerca in sociologia alla Brandens University nel 1974, iniziando, come scrisse più tardi, ad interessarsi di confini sacri, di silenti regole inscritte nello spazio e nelle pratiche quotidiane, di visioni del mondo legittimate dai testi sacri dell'Islam, che davano forma a quelle relazioni di genere che prima di diventare l'oggetto delle sue riflessioni facevano parte del suo vissuto.
Il hudud per eccellenza era il portone di casa sorvegliato da Ahmed il portinaio, soglia invalicabile per le donne della sua famiglia, se non con l'autorizzazione del padre o dello zio. Le alte mura dell'abitazione rendevano l'intimità della vita nell'harem invisibile all'esterno e racchiudevano l'onore della famiglia, di cui le donne erano le custodi. Onore che, prima di farsi materia nell'architettura delle case, è vissuto dai loro corpi resi privati dall'uso di un velo: le norme sociali vengono così incorporate e l'ordine sociale è mantenuto anche nello spazio pubblico.
Uscire dall'entrata principale non era però l'unico modo di attraversare i confini.
Salite le scale fino al terzo piano, le donne della famiglia e i bambini - tra cui Fatima -, raggiungevano la terrazza dove si ritrovavano per trascorrere lunghe ore tra narrazioni di storie e racconti, e rappresentazioni teatrali con la regia della cugina Shama. Il repertorio andava da episodi delle Mille e una notte alla messa in scena delle vite di figure religiose come Aisha, moglie del profeta Muhammad, o di femministe arabe come l'egiziana Huda Shaarawi. L'immaginazione e la fantasia diventano uno strumento di resistenza e di elusione di regole e istituzioni, nella cornice spazio-temporale e relazionale della quotidianità, attraverso la rievocazione di mondi altri e di donne.
E lo si fa nella terrazza, in uno spazio confinato ma sconfinante: tra le mura domestiche e il cielo.
Dalle donne immaginate e evocate si passerà alle donne studiate, oggetto delle sue ricerche, a partire da quella di dottorato, condensata nel libro Beyond the Veil: Male-Female Dynamics in the Modern Society. Qui Fatima analizza in una prospettiva di genere, le nozioni di sessualità e famiglia, le relazioni tra uomini e donne e le dinamiche di controllo sociale della sessualità femminile nella società musulmana con particolare riferimento a quella marocchina; muovendo da un approccio critico nei confronti dell'Islam, visto come un ostacolo ad una possibile uguaglianza di genere. Di ritorno dagli Stati Uniti, Fatima iniziò la sua attività accademica all'università Mohammed V di Rabat e proseguì i suoi studi e le sue ricerche nel solco tracciato. A questa prima prospettiva farà seguito un suo spostamento e ri-posizionamento all'interno di quello che viene definito femminismo islamico; movimento che iniziò ad affermarsi tra la fine degli anni 80 e gli inizi degli anni 90 del secolo scorso. I testi sacri dell'Islam, riletti e reinterpretati, diventano i principali strumenti attraverso cui le femministe islamiche rivendicano i propri diritti, contrapponendosi ai discorsi egemoni prodotti da esperti in materia religiosa, da élite di potere e da quella parte della società che vede le donne in una posizione di inferiorità. Fatima abbraccerà questa prospettiva e indirizzerà le sue ricerche verso lo studio della letteratura religiosa soffermandosi su figure come Aisha e in particolare sul ruolo politico da lei ricoperto. Sarà proprio la pubblicazione del libro Le harem politique. Le Prophète et les femmes nel 1987 a decretare il suo riconoscimento internazionale come una delle figure di maggior rilievo del femminismo islamico contemporaneo.
Il lavoro di Fatima non è però teso soltanto ad una riappropriazione e riformulazione delle rappresentazioni di sè e delle posizioni rivendicate nella società di appartenenza, ma muove anche da istanze critiche nei confronti dell'immaginario occidentale dell'harem costruito nel corso dei secoli da pittori e scrittori europei che hanno spogliato le donne del loro sapere, della loro parola e della loro capacità di agire rivestendole di orientalismo, come ha analizzato in Shahrazade goes West, or: The European Harem.
Allo studio della letteratura araba e religiosa e alla scrittura si sono affiancate, a partire dalla fine degli anni 1990, altre attività tra cui il progetto Synergie Civique: laboratori di scrittura con relative pubblicazioni collettive, rivolti ai membri di alcune ONG locali. Svolti in collaborazione con accademici, scrittori e artisti, questi incontri miravano ad affinare la scrittura come strumento politico di espressione e comunicazione di un proprio pensiero e messaggio e l'uso dei media e delle nuove tecnologie per dare loro visibilità ed essere diffusi. Questo significa, per Fatima, prendere parte attivamente alla democratizzazione del Paese, processo che non passa soltanto attraverso riforme istituzionali ma anche attraverso «the possibility of not only creating their own messages (to write and refine them), but especially of spreading them through the means of modern technology».
Fatima Mernissi, Donne del profeta. La condizione femminile nell'Islam, Genova, ECIG, 1992 Le Harem Politique. Le Prophète et le femmes, 1987]
Fatima Mernissi, La terrazza proibita. Vita nell'harem, Firenze, Giunti, 1996 [Dreams of Trespass. Tales from a Harem Girlhood, 1994]
Fatima Mernissi, L'Harem e l'Occidente, Firenze, Giunti, 2000 [Scheherazade goes West, or: The European Harem, 2000]
Renata Pepicelli, Femminismo islamico. Corano, diritti, riforme, Roma, Carocci, 2010
Sito ufficiale
Referenze iconografiche: Fatima Merinissi, discorso di accettazione del Erasmus Prize 2004 (Paesi bassi). Immagine concessa da Praemium Erasmianum Foundation. Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International license.
Voce pubblicata nel: 2012
Ultimo aggiornamento: 2023