Emma nasce a Palermo e trascorre la sua infanzia tra Agrigento e Piazza Armerina, un’infanzia felice e libera, con giochi di strada in piccole scatenate bande, come era ancora possibile ad Agrigento nel dopoguerra, e in campagna coi cugini.
Fin da bambina nutre un profondo senso della giustizia, che darà forma a tutto il suo percorso. La mamma, Maria Parisi, è figlia della buona borghesia palermitana: ha grande immaginazione e inventa giochi per le figlie e per le nipoti, e il Paese Sciabano, un luogo dal quale provengono e dove tornano alcune persone magiche insieme ai loro gatti – per Emma il “cerchio di carne” delle sue braccia è culla e casa. Il giorno prima di morire, sofferente e ansimante, le lascia in eredità queste parole: “la vita è bella!”.
Il padre Ernesto, nato nel 1899, è un ingegnere elettrotecnico; uomo mite, adora la figlia, che in lui vede il suo “trono”, e “il mondo” in premio. A proposito dei suoi genitori Emma dice: “L’elaborazione del lutto per mia madre è stato veloce, perché è come se l’avessi incorporata, come se fossi gravida di lei; a mio padre penso più spesso, anzi lo vedo, di fronte a me. Dopo l’autocoscienza, ho cominciato a pensare a mia madre come alla ragazza che era stata, e ogni anno, l’11 luglio, giorno del mio compleanno, le regalavo una pianta di gelsomino per ringraziarla di avermi fatto nascere, di avermi molto abbracciata e massaggiata, e soprattutto, insegnato a sorridere”.
Dall’età di nove anni fino a oggi Emma abita a Catania, dal 1966 sempre nella stessa casa, piena di gatti. Dopo la maturità classica nel 1968 si laurea in Scienze Politiche all'Università di Catania, con una tesi in Storia delle dottrine politiche sulle riforme educative in Sicilia nel secondo Settecento.
Sposa nel 1968 Gabriele Centineo, con rito civile e un abito bianco corto. Quando nel 1975 il femminismo squilla per lei come “la campana della ri-creazione” il suo matrimonio è già in crisi, anche se si separerà dal marito solo nel 1984; la fine della coabitazione non coincide con la fine della con-vivenza affettiva e politica, che dura e si rafforza: Emma dice che sono con-sorti. Nascono due figlie, Maria Carla e Paola, una nipote, Anna, e due nipoti, Gabriele e Lorenzo, che vivono altrove, al nord.
La mia creatività esplode nel 1985, una sorta di ri-generazione, passione per i residui, per gli scarti, per le cose che si potrebbero buttare ma è meglio conservare; inventare i miei collages è come dare una seconda opportunità alle cose, una vita nuova, un altro corpo.
Femminista storica e storica femminista siciliana, è stata ricercatrice di Storia Moderna alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Catania. I suoi primi scritti sono brevi saggi di storia ortodossa tutti elaborati prima del 1981, quando diventerà ricercatrice di ruolo e tale rimarrà per scelta. Negli anni, la sua ricerca si è orientata soprattutto verso la storia del femminismo italiano, gli archivi della memoria, e sui nessi fra femminismo, diritti e cittadinanza.
Ha insegnato nel 1993 e nel 1995 alla Scuola Estiva di Storia delle Donne di Pontignano, e nel 2004 nella sua nuova sede di Fiesole; ha svolto numerose sperimentazioni e laboratori didattici (anche a partire dal suo libro di formazione Piccole Donne!), valorizzando una relazione accogliente, mutuata dalla “sorellanza” e dall’incontro con alcune maestre, Maria Bacchi in particolare.
Ha pubblicato su «Lapis», «Nosside», «Il paese delle donne», «Noi Donne», «DWF». Il suo percorso femminista ha inizio nella seconda metà degli anni Settanta, nel collettivo di autocoscienza Differenza Donna, prosegue nel Coordinamento per l’Autodeterminazione della Donna (C.A.D) di Catania, poi nel Gruppo del Venerdì, infine, dal 2011 a Le Voltapagina.
Il suo “corpo a corpus” con la disciplina storica inizia nel 1981: per cinque anni non scrive un solo rigo di storia ortodossa, ma parla e scrive molto di politica. Quasi tutti i volantini del C.A.D. sono scritti da lei, sin dal primo del 1981 (“Quale 8 marzo?”), dove la storia si manifesta con ripetute domande alle donne del passato 1. “Nel 1986, quando a mia madre viene diagnosticato un tumore terminale, ricomincio a scrivere, comincio questa partita quasi fisica con la storia, che all’inizio è, inevitabilmente, un corpo a corpo con la morte”: è con la morte immaginata del Canonico De Cosmi, illuminista riformatore delle scuole e dell’università, che Emma riprende quel dialogo interrotto.
In I Lumi e il cerchio si misura con la storia dei padri, un percorso appassionato e felice, infine. Racconta:
Tutto quello che avevo scritto del mio incontro col femminismo, i diari dell’autocoscienza soprattutto, le poesie, i frammenti dispersi di un pensiero domestico, contaminato, mi inducono a sperimentare una struttura narrativa discontinua, che volutamente stride col saggio storico, per raccontare la nascita di un soggetto imprevisto, io, imprevista anche a me stessa, e conosciuta strada facendo.
Questo travaglio, un andirivieni metodologico trasgressivo, rappresenta la possibilità di una storia nuova, in cui parlino i soggetti con le loro storie; un metodo che si muove al confine tra politica, storia, letteratura, che prefigura infine “la necessità di un nuovo contratto sociale, civile perché sessuale, tra le donne e gli uomini”.
“I Lumi e il cerchio è il mio primo tentativo di tenere insieme senza mescolarli memoria di me, memoria storica e fonti, per sentirne lo stridore”, il sonoro di quell’attrito inevitabile fra ortodosso ed eterodosso, fra privato, personale e politico che risuona quando a scrivere di storia è una donna che ha la pretesa di scriverne partendo da sé.
Per Inventari della memoria si è creata una feconda sinergia: l’incontro con te è stato fondamentale; poi l’amicizia tra me e Annarita Buttafuoco, la nascita della Società Italiana delle Storiche, Annarita che mi propone di far parte del Consiglio di Amministrazione dell’Unione Femminile Nazionale e successivamente degli Archivi Riuniti delle Donne, poi tu conosci Annarita a Pontignano. Contemporaneamente Annarita mi chiede di mettere in forma, per una ricerca nazionale sulle fonti della storia delle donne nel Novecento, le carte del Coordinamento che sono custodite nel mio garage, io penso che tu sia la persona giusta per questo lavoro, tu vai a Milano per il corso sugli Archivi di persona, si crea un circuito virtuoso Catania-Milano e ritorno. Quando abbiamo cominciato a lavorare all’inventario ho avuto l’idea felice di dirti: 'Scrivi tutto quello che ti passa per la testa perché sei la prima giovane donna che guarda queste carte dopo che per quindici anni sono state chiuse nel mio garage. Sono nati così i tuoi Pensieri di giornata, la parte più viva, attuale, autentica, è nato così Inventari della memoria. Questo libro per me è molto importante perché è un condensato di quello che una pratica femminista sa generare.
Nella riflessione di Emma, nutrire la propria “singolitudine” fino a teorizzare la necessità di un “pensiero zitello” 2 va di pari passo con una riflessione sulla “dividualità”, la sostanza civile della gravidanza, disegnata sin dal 1991 in La didattica, la mamma e Venere 3.
Nel 1997 scrive una Proposta di Preambolo alla Costituzione Italiana, sottolineando – duecento anni dopo Olympe De Gouges – l’imprevisto della cittadina nella ridefinizione dei diritti universali, con tutto quel che segue; in particolare, è il nesso libertà-giustizia assieme a quello ben più ardito tra libertà e tutela a diventare il suo rovello teorico-politico, fino ad arrivare a pronunciare e a scrivere Dividua, parola che negli ultimi dieci anni Emma inventa e reinventa strada facendo: noi donne siamo altro dall’individuo “con il suo corpo chiuso”, statico, indivisibile, che fonda la teoria contemporanea dei diritti, noi siamo individue dividuali. Quali significati, quali invenzioni politiche e civili nasceranno da un corpo aperto, dividuale?
“Ossessionata dal timore di disperdere le fonti di una storia che considero bene comune, e curiosa di una loro attuale interpretazione, ho voluto girare la questione a due giovani femministe”, entrambe di Le Voltapagina, che hanno scelto di firmarsi come Emma col doppio cognome 4.
Spesso mi chiedo “chi è Emma?”: autentica, generosa, ironica, autorevole, accogliente, sempre pronta ad allargare i suoi orizzonti, tanto da simpatizzare oggi con il pensiero queer come movimento culturale scardinante, un’Isola mobile, come il titolo del libro del 2012: “Isola mobile sono io, e il libro è stato un regalo che mi sono fatta per i miei settant'anni” con la speranza che questo altro “figlio di carta orgogliosamente meticcio” possa un giorno essere letto dai nipoti per “sbocconcellare i pensieri della loro nonna-donna, femminista e gattara”. Altri lettori e lettrici saranno “tutti coloro che non hanno reciso il legame con la propria infanzia, che sono in continuo transito tra i sensi e il senso, che hanno intatta la possibilità di giocare sul serio, di entrare in gioco a piedi uniti o saltellando”.
Emma Baeri, Generazioni. Trasmissione della storia e tradizione delle donne, eadem Tante storie da raccontare, pp. 17-30, Torino, Rosemberg & Sellier 1993
Emma Baeri, Annarita Buttafuoco, Riguardarsi. Manifesti del movimento politico delle donne in Italia. Anni '70-'90, eadem Riguardarsi, pp. 9-77, Siena, Protagon 1997
Emma Baeri, Sara Fichera, Inventari della memoria. L'esperienza del Coordinamento per l'Autodeterminazione della Donna a Catania (1980-1985), eadem Noi utopia delle donne di ieri, memoria delle donne di domani, pp. 13-54, Milano, Franco Angeli 2001
Emma Baeri, Isola mobile (nipoti, gatti, scritti), Catania, Giuseppe Maimone Editore 2012
Emma Baeri Parisi, Dividua. Femminismo e cittadinanza, Padova, Il Poligrafo 2013
Emma Baeri Parisi, Sessualità e cittadinanza: come un vestito a maglia, in Archivi dei sentimenti e culture femministe dagli anni Settanta a oggi, Associazione Il Giardino dei Ciliegi – Società Italiana delle Letterate, a cura di Clotilde Barbarulli e Liana Borghi, Regione Toscana, Edizione dell’Assemblea, 2015, pp. 33-42
Voce pubblicata nel: 2015
Ultimo aggiornamento: 2021