Fu la prima donna a farsi fotografare con una sigaretta in bocca. E la prima attrice-cortigiana a essere definita Grande Horizontale. Trasgressiva fino al midollo. E molto di più: ballerina mediocre, amante focosa, femminista e gran bugiarda, Lola Montez è uno dei personaggi più incredibili del suo tempo.
Si chiamava Elizabeth Rosanna Gilbert ed era nata a Grange, in Irlanda, il 17 febbraio 1821. Mentiva su tutto: si aggiungeva tre o quattro anni, raccontava di essere figlia illegittima di Lord Byron, altre volte di un torero. Anche quando ammetteva la verità, inventava i particolari. Suo padre era un guardiamarina, forse di origine scozzese, e si chiamava Edward Gilbert; sua madre Eliza era figlia illegittima di Charles Silver Oliver, un parlamentare di una potente famiglia irlandese. Non aveva 14 anni quando Eliza nacque e non era una ballerina. Tanto meno era spagnola, come la figlia insisteva a dire. Nel 1823 la famiglia si trasferì a Calcutta, dove il padre di Eliza-Lola morì di colera. A fine 1826 la bambina fu messa su una nave, sulla quale avrebbe compiuto sei anni, e rispedita in Scozia, dove i pii genitori del patrigno non riuscirono a domarla. Nel 1832, fu mandata a studiare a Bath. Vi rimase fino a sedici anni, rivelando di essere dotata per le lingue e di avere un carattere violento. Nel 1837, fu raggiunta in Inghilterra dalla madre che voleva imporle un marito: lei fuggì con il tenente Thomas James. Lo sposò e lo seguì in India.
Dopo quattro anni, James chiese il divorzio per adulterio. Nel 1843, reduce da un viaggio in Spagna e con l’aiuto di Lord Malmesbury, decise di farsi passare per una ballerina spagnola, vedova di guerra. Prese il nome di Lola Montez.La prima esibizione, nel giugno 1843 a Londra, fu una catastrofe. Non si lasciò scoraggiare. Per qualche anno se ne andò in giro per l’Europa, da San Pietroburgo a Dresda, da Varsavia a Parigi, da Riga a Berlino, trovando ingaggi qua e là. Il pezzo forte era una danza di sua invenzione, “il ballo del ragno”, una specie di tarantella nella quale si contorceva per scacciare finte tarantole. Più che ingaggi, trovò però amanti. Pronta a usare il frustino contro gli inopportuni, in genere al primo incontro con un uomo si mostrava molto condiscendente. Mentre non si contano le risse, spesso violente, con altre donne. Arrivava quasi ovunque: le fu concessa “un’udienza privata” dallo zar, a San Pietroburgo. Ne uscì con mille rubli, come ringraziamento.
In Francia, con l’appoggio di Alexandre Dumas padre, entrò come ballerina nel Teatro dell’Opera. Divenne amante anche di Franz Liszt, tanto grande come musicista quanto poco gentiluomo. Seguirono altri geni, da Frédéric Chopin a Prosper Mérimée. Ma il grande (e breve) amore fu per il condirettore del giornale «La Presse», Alexandre Henri Dujarier, che morì in duello l’11 marzo 1845. Lola ne fu sconvolta. Nel 1846, però, era di nuovo in pista. In ottobre si fece ingaggiare dal Teatro nazionale di Monaco di Baviera. Quando il direttore vide l’esibizione la licenziò su due piedi. Lei, con l’abito di scena ancora indosso, si diresse (secondo la sua versione) verso la Residenz, il palazzo di re Ludwig. Si intrufolò nel suo studio e chiese giustizia. Il vecchio e declinante sovrano la squadrò e le chiese se fosse una vera donna o un oggetto d’arte. Lei afferrò un paio di forbici e si tagliò il vestito fino alla vita, lasciando scoperto il suo celebre seno. Ludwig non volle sapere altro: ordinò che il direttore fosse licenziato e che a Lola fosse fatto firmare un contratto al Münchner Hof-und Nationaltheater.
L’effetto di Lola sul re fu devastante, anche se, forse, il loro rapporto fu solo platonico: Ludwig, che aveva allora 61 anni, le fece attingere soldi dalle finanze di Stato, costruì per lei un palazzo e cedette a ogni suo capriccio. Il giorno del suo compleanno, il 25 agosto 1847, la nominò contessa di Landsfeld: il governo si dimise per protesta. Arrivò a cederle persino le redini del regno. Lei prese l’incarico sul serio: creò un suo gabinetto politico, introdusse il codice napoleonico, cercò di ridimensionare il potere dei gesuiti, alzò gli stipendi degli insegnanti. Si fece tantissimi nemici. Il re, perso, sembrava non accorgersi di nulla. Già nel 1846, un nobile tedesco, Heinrich von Maltzahn, le offrì una congrua cifra per togliere il disturbo. Lola, che pure adorava i suoi costosi regali, rifiutò.
Si sospetta che i moti studenteschi contro di lei, nel 1848, fossero sovvenzionati o istigati dall’estero. Lola reagì con rabbia. I disordini si estesero. «Fuori la puttana», ruggiva la folla. A quel punto Ludwig accettò di firmare l’espulsione. Lola fuggì di notte in treno, il 12 febbraio 1848. Il 20 marzo Ludwig abdicò e lasciò il trono al figlio Massimiliano II. Lola si rifugiò in Svizzera. Poco dopo tornò in Inghilterra, dove il 19 luglio del 1849 si risposò con George Trafor Heald, ricco ufficiale britannico. La sua parabola già volgeva al declino. Ebbe problemi con la giustizia per i debiti e fu accusata di bigamia perché il divorzio da James non era mai stato firmato. Alla fine si convinse di dover ricominciare: partì per gli Stati Uniti. Nel dicembre del 1851 debuttò a New York.
Dal 1851 al 1853 si esibì sulla costa Est. Nel 1853 si unì al flusso dei pionieri che andavano a cercare l’oro in California. Il 2 luglio sposò il suo terzo marito, il giornalista Patrick Purdy Hull: a inizio ottobre i giornali già annunciavano il divorzio. Dopo aver vagato tra una città e l’altra, si trasferì in una località di frontiera, Grass Valley, dove aprì un saloon. Convinta di essere un genio incompreso della politica, tentò perfino un golpe: le lettere scoperte dopo la sua morte rivelano che avesse cercato di convincere i californiani a chiedere l’indipendenza dagli Stati Uniti e proclamare un nuovo regno, Lolaland. Lei sarebbe stata regina. Dopo un periodo in Australia e un tragico ritorno negli Stati Uniti, nel 1857 rientrò in Europa, dove recitò in tournée quasi ogni sera. Nel gennaio 1858 si reimbarcò per l’America. Ormai dava segni di squilibrio: scivolò nel misticismo, diventò un membro attivo della Chiesa episcopale e si affidò a una stravagante astrologia, ma non mancò di tenere seminari e conferenze sui diritti femminili. Il 30 giugno 1860, a New York, ebbe un colpo apoplettico. Un mese dopo dettò le sue ultime volontà. Si riprese, ma morì di polmonite il 17 gennaio 1861. Sola, ma non povera come si credeva. Certo, ben triste fine per una donna che il compositore Richard Wagner aveva definito “un essere demoniaco”.
Bruce Seymour, Lola Montez: A Life, Yale University Press 1996 (la più attendibile delle sue biografie)
Roberto Giardina, Lola Montez: ballerina e avventuriera, Rusconi 1992
Valeria Palumbo, Donne di piacere, Sonzogno 2005
Referenze iconografiche:
Prima immagine: Joseph Stieler, ritratto di Lola Montez, 1847. Conservato a Nynphenburg Palace, Monaco. Fonte: Library Princeton. Immagine in pubblico dominio.
Seconda immagine: Lola Montez, 1851, Metropolitan Museum of Art. Creative Commons CC0 1.0 Universal Public Domain Dedication.
Voce pubblicata nel: 2012
Ultimo aggiornamento: 2023