Nel 1896 nasceva a Roma l’Associazione per la Donna, a opera di cinque giovani signore: Giacinta Martini, Alina Albani, Virginia Nathan, Eva De Vincentiis ed Elisa Agnini. Era una delle prime del genere in Italia e raccoglieva le esponenti più vivaci e attive del nascente movimento femminista romano. Sulla sua storia sono di recente emerse nuove informazioni grazie al ritrovamento delle carte di Elisa Agnini, finora confuse tra i documenti di suo marito, l’avvocato e deputato socialista Vittorio Lollini.
Elisa fu uno degli elementi di spicco dell’associazionismo femminile nei primi vent’anni del secolo scorso. Lavorò con impegno e competenza battendosi per la tutela delle donne e per il conseguimento dei fondamentali diritti politici e civili.
Era nata nel 1856 a Finale Emilia, da una famiglia della piccola nobiltà, colta e di ampie vedute. Suo fratello, Gregorio Agnini, fu il principale animatore dell’associazionismo cooperativo emiliano e uno dei fondatori del partito socialista, di cui fu poi deputato per undici legislature.
Fin da ragazza Elisa condivise i suoi ideali di giustizia sociale e di progresso, ma aggiunse di suo un sincero interesse per la specificità femminile. La difficile condizione delle donne, lo sfruttamento nella famiglia e nel lavoro, la mancanza dei fondamentali diritti divennero i principali temi del suo impegno politico e sociale.
Del lavoro svolto in un ventennio di attività dell’Associazione parla lei stessa in una lettera del 1919 indirizzata ad una giornalista francese, in cui sottolinea che il contenuto del programma è “non seulement feministe mais aussi social” e ne elenca poi i seguenti punti fondamentali:
L’educazione popolare, l’inserimento delle donne nelle scuole miste, il divorzio, il suffragio femminile, la ricerca della paternità, la difesa dei minori, la protezione del lavoro delle donne e dei fanciulli, ed altre riforme secondarie che furono materia di una lotta continua contro i pregiudizi e le ingiustizie della società.
Fu attiva anche nel Comitato pro suffragio, e fu coinvolta nella polemica tra il movimento femminista e il partito socialista che ne criticava la trasversalità accusandolo di servire interessi borghesi. Da questa accusa Elisa si difese accoratamente in una lettera scritta al quotidiano del partito «L’Avanti!» nel 1908:
Sappi caro Avanti! Che nel C.P.F. vi sono donne di ogni partito, tutte volenterose e pronte non solo ad associarsi a qualunque movimento di operai che dovesse sorgere, ma ad iniziarlo, se sarà loro possibile, per mezzo della propaganda.
Allo scoppio della Prima guerra mondiale Elisa, internazionalista e pacifista convinta, fu contraria alla partecipazione dell’Italia al conflitto. Ciò nonostante si dedicò con costanza ed energia ad attività di rilevante impatto sociale.
Durante la guerra il fenomeno assunse dimensioni tali da colpire anche le coscienze più tiepide; la mortalità nei brefotrofi raggiunse punte del 93% (a Roma nel luglio 1917 su settantuno “esposti” ci furono sessantanove morti). Vi furono quindi numerose richieste di una legge che permettesse la ricerca della paternità. In un articolo sul giornale socialista «Uguaglianza» Elisa scriveva nel 1917:
Molti progetti sono stati presentati al Parlamento, ma nessuno, sia pure sotto veste borghese, andò in porto. Ora ve ne sono due: il progetto Meda ed il progetto Lollini. Il primo s’arresta alla soglia della famiglia, non ammette cioè la ricerca della paternità per il figlio adulterino. Il secondo, che si fonda sul principio della responsabilità, la quale deve essere l’anima della nuova morale sociale, non esclude nessun caso, estendendo la ricerca anche ai figli adulterini e ai figli incestuosi. Solo chi è socialista ed è perciò libero dai pregiudizi borghesi, vede la profondità dei mali sociali e può fare opera di vera e profonda rigenerazione.
Si riferiva con queste parole al progetto che suo marito Vittorio aveva preparato, forte anche della sua lunga esperienza di avvocato e per la cui stesura si era certamente avvalso dei suggerimenti di Elisa. La proposta di legge, che fu presentata nel 1922, prevedeva sostanziali modifiche di diversi articoli del codice civile a favore dei soggetti più deboli, le donne ed i loro figli, ma fu purtroppo respinta.
La collaborazione tra i due coniugi, lo scambio attivo di idee e il rispetto reciproco furono caratteristiche del loro matrimonio. Elisa e Vittorio ebbero quattro figlie: Olga, Clara, Livia, Clelia. Tutte studiarono e si laurearono, cosa assai rara all’epoca; Clelia in particolare seguì il percorso della madre a fu la fondatrice dell’AIDM, l’Associazione Italiana Donne Medico.
Nel 1922, a sessantaquattro anni, Elisa venne a mancare colpita da un tumore all’esofago. Scorrendo le sue carte, considerando gli argomenti trattati e le proposte presentate dal movimento femminista romano, colpiscono la modernità delle idee e l’attualità degli argomenti affrontati; nei primi anni Settanta, nelle riunioni dei collettivi femminili, nei ”piccoli gruppi” si parlava più o meno delle stesse cose. Per quasi cinquant’anni, dall’avvento del fascismo al '68, in Italia il movimento femminista è rimasto quasi paralizzato da un lungo sonno delle coscienze, solo parzialmente e solo a livelli elitari smosso da parziali concessioni.
Voce pubblicata nel: 2012
Ultimo aggiornamento: 2023