Sono pochissime le notizie sicure di cui si dispone a proposito di Debora (Déborah o Devorà) Ascarelli (o Ascariel), la prima poetessa ebrea i cui scritti furono pubblicati a stampa.
Nata a Roma nella prima metà del XVI secolo, vi morì anziana tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento. Di sicuro si sa che fu moglie di Giuseppe (o Josepli) Ascarelli.
Gli Ascarelli erano una illustre famiglia di ebrei sefarditi stabilitisi a Roma dopo la cacciata dalla Spagna nel 1492. Giuseppe era figlio di Isacco, il quale col fratello Tranquillo (Manoach) costituisce la prima generazione italiana della famiglia. Pare che Isacco e Tranquillo fossero entrambi allo stesso tempo medici, banchieri e commercianti. In ogni modo furono figure cospicue nella storia dell’ebraismo romano e certamente furono tra i fondatori a Roma della comunità (o scola) catalana. Tranquillo fu rabbino maggiore e capo della comunità ebraica; mentre sappiamo che Isacco ebbe tre figli: Giuseppe, appunto, e poi Samuele e Giosuè. Quest’ultimo divenne a sua volta rabbino maggiore di Roma (il che peraltro non impedì che i suoi quattro figlioletti gli fossero sottratti, reclusi nella casa dei catecumeni e a forza battezzati), mentre Giuseppe fu a capo della comunità ebraica di Roma.
Alla fama di cui Debora godette già in vita dovette contribuire la posizione sociale del marito. Ma vi è stato chi ha ipotizzato che anche lei fosse una Ascarelli di nascita; in sostanza una cugina del marito (e cioè una figlia di Tranquillo): il che spiegherebbe perché essa sia sempre e solo stata ricordata come Ascarelli. Ciò che comunque ha reso celebre Debora è – come si diceva – la circostanza che nel 1601 (o secondo altri nel 1602; ma il libro reca la data del 22 ottobre [5]322 nel calendario ebraico e quindi la data esatta è il 1601) furono stampate a Venezia alcune sue opere. La raccolta, probabilmente nata per uso liturgico (e, in particolare, per la celebrazione del Yom Kippur, “il giorno dell’espiazione”), è normalmente identificata con il titolo del primo pezzo che la compone, e cioè l’Abitacolo degli Oranti (Mahon Hascioalim), famosa composizione del rabbino, medico e insigne poeta (il che gli valse l’appellativo di “Dante ebreo”) Mosè Rieti di Perugia (1388-dopo il 1460), ridotta in rime italiane da Debora. Del libro fanno poi parte il Benedici il Signore o anima mia del rabbino Bechajè il Pio (vissuto a Saragozza nell’XI secolo) e la Grande confessione del rabbino Nissim, una preghiera per il rito sefardita dello Yom Kippur.
Oltre a queste traduzioni, il libro comprende due componimenti originali di Debora – il Ritratto di Susanna (basato sull’episodio di Susanna e i vecchioni, contenuto nel libro di Daniele: libro non accolto nel canone tradizionale degli ebrei e invece incluso in quello cristiano soprattutto per le aperture messianiche presenti nel libro stesso) e Quanto è in me di Celeste – nonché la poesia anonima (ma probabilmente del Rabbino David Della Rocca: così Fortis) Ape, ingegnosa voli, dedicata a decantare le virtù poetiche di Debora e giocata sul significato del suo nome proprio (in ebraico, “ape”).
È comunque probabile che la sua produzione sia stata, tanto in italiano quanto in ebraico, assai più vasta di quella pubblicata: benché opere inedite non siano state trovate negli archivi e nelle biblioteche di Roma e Milano da chi ha dedicato approfondite ricerche sulla poeta ebrea (Samuel Schaerf e Pellegrino Ascarelli), è ragionevole ritenere che la notevole fama che raggiunse in vita dovesse basarsi su un più ampio “canzoniere” che circolava manoscritto perlomeno nella comunità ebraica romana.
L’Abitacolo degli Oranti, che dunque resta l’unica fonte di tutto quanto sappiamo su Debora Ascarelli, è un libro piuttosto esile: pur contenendo anche la versione in ebraico dei componimenti tradotti, consta infatti di sole trentuno pagine in dodicesimi. Esso è inoltre assai raro dal punto di vista bibliografico (Ferri). Pubblicato la prima volta da Daniel Zanetti, stampatore veneziano (e cristiano: essendo a Venezia preclusa la stampa ad ebrei e stranieri) di libri ebraici, il libro fu ristampato (questa volta in ottavi), sempre a Venezia (da Giovanni di Gara, ma per conto di Samuele Castelnuovo) nel 1609. Larghe parti si trovano riprodotte nella monografia di P. Ascarelli su Debora Ascarelli poeta (Roma, 1925) e nell’articolo Alle donne celebri israelite di A. Pesaro 1; i due sonetti dovuti alla penna di Debora sono stati infine ripubblicati, anche con una traduzione in inglese, in S. Henry – E. Taiz, Written Out of History: A Hidden Legacy of Jewish Women Revealed through Their Writing and Letters (New York, 1978).
Delle sue poesie contenute nella raccolta a stampa si è detto che sono “ispirate a un fervido sentimento religioso che si articola letterariamente secondo i modelli della lirica petrarchesca” (Quattrucci). Ma la più recente critica letteraria ha posto in luce, oltre alla capacità di Debora di scrivere “versi di rara soavità e dolcezza”, soprattutto il merito di essere stata, con la poesia, paladina delle donne ebree. Ciò accade in particolare con il Ritratto di Susanna che costituisce un sottile, ma fermo messaggio di difesa della moralità della donna ebrea, gravata da tanto pesanti quanto ingiustificati motivi di denigrazione nella Roma del XVI secolo. In questi versi la donna appare “valutata nella sua integrità morale, nella sua coerenza religiosa, nella sua fedeltà ai valori fondamentali dell’ebraismo, contro i risorgenti, mai sopiti, pregiudizi che l’età della Controriforma rendeva più malevoli e pericolosi nei confronti di chi era ormai da tempo recluso nei ghetti”. È così che Debora Ascarelli si pone “al servizio di una causa alta e nobile, quale la difesa di un soggetto tanto spesso offeso e denigrato” (Fortis).
Apparterranno alla famiglia Ascarelli un gran numero di altri personaggi illustri: tra gli uomini citiamo il giurista Tullio Ascarelli, tra le donne Ada Ascarelli Sereni.
J.R. Baskin, Introduction: Four Approches to Women and the Jewish Experience, in F.E. Greenspahn (a cura di), Women and Judaism: new insights and scholarship, New York 2009, p. 16
I. Broydé, voce “Ascarelli Deborah”, in Jewish Encyclopedia, vol. 2, New York, 1906, p. 163
G.B. De Rossi, Dizionario storico degli autori ebrei e delle loro opere, vol. I, Parma, 1802, p. 56
P.L. Ferri, Biblioteca femminile italiana, Padova, 1842, p. 24
U. Fortis, La difesa della donna ebrea: Sara Copio Sullam e Debora Ascarelli, in Altre Modernità – Letteratura Ebraica ‘al femminile’ – 5/2014, pp. 48-66
S. Henry, E. Taiz, Written Out of History: A Hidden Legacy of Jewish Women Revealed through Their Writing and Letters, New York, 1978
G.M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d’Italia, vol. I, t. 2, Brescia 1753, p. 1148
A. Pesaro, Alle donne celebri israelite, in Il vessillo israelitico, 29 (1881), pp. 34-37 e 67-68
M. Procaccia, L’Ape ingegnosa: Debora Ascarelli, poetessa romana, in "Rivista di storia del Cristianesimo", IV, (2007), pp. 355-367
M. Procaccia, Di tua gente il vero pregio, in Parole e silenzi: scritti in onore di Giacoma Limentani, a cura di C. Pontecorvo – P. Di Cori, Torino, 2002, pp.49-61
M. Quattrucci, Ascarelli Debora, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 4, Roma, 1962, ad vocem
Voce pubblicata nel: 2015
Ultimo aggiornamento: 2019