Una lunga e brillante carriera, insignita nel 2011 dal prestigioso premio Compasso d’Oro, è quella di Antonia Campi, designer di spicco nella cultura progettuale italiana. In oltre sessant’anni di attività, Antonia, detta Neto, ha innovato con spirito e originalità il mondo della ceramica e ha rivoluzionato l’ambiente bagno.
Valtellinese, ultima di quattro figli (Lorenzo il maggiore è nato nel 1911, Anna a Carla, le sorelle gemelle, nel 1913) è figlia di Cinzio e Pierina Ciapparelli. Il padre è originario di Crespino di Rovigo e, laureatosi a Milano in scienze dell’agricoltura, si stabilisce a Sondrio per occupare il ruolo di direttore della cattedra ambulante di agricoltura; qui conosce la sua futura sposa, figlia del proprietario di una rinomata azienda vinicola locale: e l’amore per il vino e la sua conoscenza sono nel DNA di Neto, che non rinuncia mai, a tavola, a un buon bicchiere di vino rosso. Una famiglia serena e unita, legata anche allo zio Roberto, il fratello scapolo della mamma, che si occupa anche lui di compravendita di vini per la cantina che gestisce in città: sempre pronto a coinvolgere i nipoti in avventure e scorribande un po’ fuori dalle regole della famiglia, riceve da loro un affetto sincero e incondizionato.
Dopo i primi anni di scuola nella natia Sondrio – e Neto ricorda che fu proprio a causa della scuola, poiché in prima elementare si rifiutava di andarci, che ricevette l’unico scapaccione dal padre, con il quale aveva, invece, un rapporto “stupendo” –, lascia i monti per Milano, dove frequenta le Magistrali al Collegio delle Fanciulle e, contemporaneamente, si prepara da privatista per la maturità artistica, iscrivendosi poi all’Accademia di Brera. Qui segue in particolare i corsi di Francesco Messina, dal quale, tra l’altro, era stata scelta nel 1938 come modella per la testa della Minerva Armata, che tutt’oggi trionfa nella piazza di Pavia: la dea guerriera, premonitrice quasi dell’atteggiamento determinato e volitivo che contraddistinguerà l’operare della designer.
Conseguito il diploma all’Accademia e trasferitasi la famiglia a Varese, nel 1947 viene assunta come operaia alla SCI (Società Ceramica Italiana) di Laveno, ma ben presto l’allora direttore artistico Guido Andloviz, riconosce le qualità della giovane e nel 1948 le affida la realizzazione dei pannelli ceramici per la colonia dell’azienda a Marina di Pietrasanta e la lascia libera di progettare nuove forme nel reparto artistico. Dal suo laboratorio, che si affaccia sul lago di Laveno, profondamente amato, Neto lavora intensamente, riservata e schiva, lanciando volute di fumo dalla sua pipa: e rompere le regole, specie quelle di un certo perbenismo borghese, la divertirà sempre.
In nemmeno un decennio Antonia disegna alcune centinaia di oggetti: Articoli fantasia, Serie limitate, Pezzi unici, tutti in terraglia forte, oltre ai lavori realizzati in porcellana. Forme morbide, bucate che spesso rimandano al mondo animale – come non ricordare l’incredibile servizio Gallina! – proposte in colorazioni vivaci, spesso diversificate all’esterno e all’interno o giocate abbinate, a spartire con tagli arditi le superfici. Ironica e acuta Antonia gioca con la terraglia, di cui conosce tutti i segreti, competente negli aspetti tecnici e nell’uso degli smalti, attenta sempre anche alle esigenze della produzione. La sua vena creativa trova espressione in varie occasioni, a cominciare dalla partecipazione all’VIII Concorso Nazionale della Ceramica di Faenza del 1948, dove una sua fruttiera riceve il secondo premio e, soprattutto, alla IX Triennale di Milano del 1951 per la quale realizza lo splendido Landscape, un fregio ceramico che viene posto in cima allo scalone d’onore al di sotto del ricciolo luminoso di Lucio Fontana.
Stanca però di essere imitata e mal interpretata, nel 1957 preferisce trasferirsi in un altro settore dell’azienda, quello dei sanitari: è l’inizio di una vera e propria rivoluzione fatta, innanzitutto, di forme nuove, attente all’ergonomia, e dell’inserimento del colore. Il bagno non è più un luogo da tenere nascosto, quasi sconveniente, ma un ambiente fresco, luminoso, da mostrare e da ammirare. Da menzionare per la forza innovativa i sanitari Torena (1958), che evocano la superficie a lamelle di un fungo con il lavello dal profilo asimmetrico; e la vasca Tinoccia del 1976-1977, che assomma diverse funzioni. Nonostante i cambi societari (la SCI viene assorbita dalla Richard Ginori nel 1965 e poi si fonde con la Pozzi nel 1974), Antonia Campi conserva la direzione artistica, essendo subentrata a Guido Andloviz nel 1962 e a Giovanni Gariboldi, direttore della Richard Ginori, nel 1971.
Oltre al mondo della ceramica la designer sonda anche altri ambiti, attratta sempre dalla possibilità di sperimentare: studia la rubinetteria, disegna forbici e un filante trinciapollo, premiati con il Compasso d’Oro nel 1956 e presenti nella collezione di design del Moma di New York. Disegna piastrelle, crea gioielli e di recente ha avviato nuovi progetti, collaborando con lo Studio ELICA, con Alfredo Gioventù e Daniela Mangini e con Antonella Ravagli, con la quale, con il nome Antò, ha firmato un grande pannello ceramico realizzato per Montecitorio nel 2011 in occasione dei 150 anni dell’unità d’Italia.
Voce pubblicata nel: 2012
Ultimo aggiornamento: 2023