"L’assoggettamento della donna è la radice più profonda e tenace del dispotismo nella società; esso insudicia senz’eccezione ogni carattere con le volgarità della tirannia o le vigliaccherie della schiavitù; e la monarchia, che tanti spiriti ingenui additano in questa situazione come causa unica dei nostri mali, ne rappresenta piuttosto il risultato. Io insegno quindi alle nostre donne, alle nostre ragazze, il rispetto per loro stesse, i loro diritti, e questa bella energia, davvero divina, - fonte di tutte le grandi proteste e di tutte le vere conquiste – che fa di un essere attaccato nella libertà e nell’onore, un leone o un martire”. 1
Giornalista e scrittrice di punta del femminismo d’oltralpe, André Léo fu senz’altro una delle intellettuali più sorprendenti del secondo Ottocento europeo. L’importante ruolo che ebbe nelle vicende del socialismo francese e della Comune di Parigi (1871), oltre che la lucida analisi della condizione femminile di cui diede prova nella sua vastissima produzione, la rendono in effetti un’interprete originalissima delle battaglie femministe di quegli anni. Léodile Béra, questo il suo nome all’anagrafe (André Léo sarà infatti il suo nom de plume), nasce nel 1824 à Lusignan (Vienne), piccola cittadina nella regione francese del Poitou. Proveniente da una famiglia dell’alta borghesia, Léodile dovette ricevere, verosimilmente, quell’educazione dal carattere paternalistico riservata alle ragazze della sua classe sociale che costituirà non a caso, negli anni a venire, il bersaglio prediletto delle sue numerose battaglie politiche e civili.
Il contributo di André Léo alla causa socialista fu precoce, ed è testimoniato almeno a partire dagli anni Cinquanta del secolo, quando comincia a collaborare al giornale d’ispirazione sansimonista «La Revue Sociale». Quest’impegno a favore dell’uguaglianza sociale e dei diritti delle donne caratterizzerà, in seguito, tutta la vita dell’autrice, non di rado legandosi a doppio filo alle sue vicende personali. Nel dicembre del 1851, infatti, Léodile sposa Grégoire Champseix, che era redattore proprio presso «La Revue Sociale», e dal quale avrà nel 1853 due gemelli, André e Léo. Il matrimonio con Champseix dovette però svolgersi a Losanna, in Svizzera, dove Grégoire aveva dovuto riparare per il suo coinvolgimento nei moti rivoluzionari del 1848, durante i quali aveva sostenuto apertamente la causa dei lavoratori.
L’amnistia del 1861 consente finalmente ai coniugi di tornare in Francia, ma la vita della scrittrice è sconvolta poco dopo dalla prematura scomparsa del marito nel 1863. Léodile decide allora di trasferirsi a Parigi, sfruttando la rete di contatti e conoscenze che Champseix aveva accumulato nella capitale francese. Qui la sua attività di pubblicista e scrittrice militante prende definitivamente il volo, innanzitutto sul fronte della narrativa, cui si era dedicata sin dal 1851 con Une vieille fille (seguiranno, solo per citarne alcuni,Un mariage scandaleux del 1862 e La grande illusion des petits bourgeois del 1876).
Nell’autunno del 1868 esce in appendice su «L’Opinion Nationale» Ali-Aline (poi raccolto in volume l’anno successivo), romanzo “gender” ante litteram in cui l’omonima protagonista viene messa in guardia dalla sorella, sposata a un uomo che non ama, sul destino di schiavitù cui la costringerebbe il matrimonio: Aline decide allora di travestirsi da ragazzo per andare alla ricerca d’un compagno di vita che possa davvero considerarla per quella che è, al riparo dai pregiudizi che impongono le costruzioni sociali legate al genere sessuale. Sempre dello stesso anno è l’opera teorica La Femme et les Moeurs (1869), nella quale l’autrice si schierò apertamente contro la teoria della presunta inferiorità fisica e morale delle donne sostenuta da Proudhon. Sul terreno del più diretto impegno civile, sempre alla fine degli anni Sessanta (e precisamente all’estate del 1868), risale inoltre la partecipazione di Léodile Béra a una serie di incontri parigini che si tennero presso la Salle du Vauxhaull intorno alla questione del lavoro femminile, incontri che si svolsero nel pieno di quel dibattito che si è solito identificare con l’espressione “question des femmes”.
Fu proprio durante una di queste riunioni che André Léo, opponendosi con vigore alle idee misogine che serpeggiavano all’interno dell’AIT (Association Internationale des Travailleurs), annunciò assieme ad altre diciotto donne la creazione di una “Ligue en faveur des droits des femmes”, cui seguirà nel 1869 la pubblicazione della “Revendication des droits civils réfusés à une moitié de la nation”. Sottoscritto, tra gli altri, anche da Louise Michel, questo manifesto trovò in brevissimo tempo il sostegno di oltre trecento firmatari; l’obiettivo principale di quest’operazione era quello di fondare una scuola democratica per ragazze che risultasse completamente slegata dall’influenza dei circoli ecclesiastici. Tuttavia, l’avvento della guerra franco-prussiana nel 1870 vanificherà, purtroppo, questo progetto.
Anche il successivo e complicato periodo della Comune vide Léodile Béra in prima fila, questa volta al fianco dei Federati e in particolare di Benoît Malon, che sarà poi suo compagno di vita e di lotta fino al 1878. Insieme a Malon e a Élie e Élisée Reclus, collaborò durante la Comune alla redazione del giornale «La République des Travailleurs»; e un’altra importante iniziativa legata a questo periodo è la sua partecipazione alla “Commission féminine de l’Enseignement” nel marzo del 1871, deputata – anche in questo caso – alla creazione di una scuola femminile che si fondasse su principi democratici. In questo periodo estremamente fervido, che la vedrà collaborare anche al giornale di Vallès «Le cri du peuple» e ad altri periodici radicali, Léodile Béra si pose spesso come voce fuori dal coro, criticando con spirito d’autonomia la svolta autoritaria del progetto comunardo e continuando a difendere con energia la causa femminista, causa che – d’altra parte – continuava a trovare fredda accoglienza all’interno del movimento rivoluzionario.
La tragica fine della Comune, soffocata nel sangue dalle truppe di Thiers nel maggio del ‘71, obbligò Léodile a rifugiarsi ancora una volta in Svizzera, e quindi in Italia fino al 1878 (ma vi tornerà anche successivamente, in particolare a Firenze). Il rapporto con l’Italia, oltre che legato a questi soggiorni più o meno obbligati, fu significativo anche dal punto di vista letterario, poiché dell’opera della Léo vennero approntate, negli anni Settanta e Ottanta del secolo, diverse traduzioni, alcune delle quali uscite persino in volume, come Il Comune di Malimpeggio e Storia di un fatto diverso per i tipi Sonzogno nel 1887. Non a caso Felice Cameroni, importante critico legato all’ambiente della Scapigliatura più radicale, non esiterà a definirla come “forse la più grande scrittrice di Francia dopo la Sand” (cfr. «La Plebe», 15 marzo 1875). Dopo la fine della Comune il suo impegno politico non scemerà affatto, come testimonia la fondazione con Malon e De Paepe della rivista «Le Socialisme» nel 1878.
Ultimo atto della sua vita di battaglie sarà infine, nel 1899, e cioè un anno prima della sua morte, la pubblicazione del saggio Coupons le câble!, nel quale sosterrà, precorrendo ancora una volta i tempi, la necessità di una separazione tra potere politico e religione.
Dalotel, Alain, André Léo, La Junon de la Commune, Chauvigny, Associations des publications chauvinoises (« Cahiers du Pays chauvinois n° 29 »), 2004
Gastaldello, Fernanda, André Léo (1824-1900) : femme écrivain au XIXème siècle, Chauvigny, Association des publications chavinoises (« Cahiers du Pays chauvinois n° 26 »), 2001
Giuseppe Farinelli (a cura di) La Pubblicistica nel periodo della Scapigliatura: regesto per soggetto e giornali delle riviste esistenti a Milano e relativi al primo ventennio dello Stato unitario, 1860-1880, Milano, Istituto Propaganda Libraria, 1984
Fréderic Chavaud, François Dubasque, Pierre Rossignol [et al.] (a cura di) Les vies d’André Léo, Rennes, Presses Universitaires de Rennes, 2015
Voce pubblicata nel: 2015
Ultimo aggiornamento: 2023